Studio 4 e Schumann

C'è un imponente edificio in art deco che si affaccia su Flagey, si tratta della vecchia sede della radio belga. Dopo aver rischiato l'abbattimento, è stato recuperato ed ora ospita in continuazione rassegne musicali e cinematografiche. Ieri sera ho avuto modo di entrare nel mitico Studio 4, ove troneggia un organo (apparentemente il più grande del Belgio) semi smantellato ma che il mio maestro suonò, per sentire la prima serata di due programmate con l'integrale delle Sinfonie di Robert Schumann.

Il concerto di ieri prevedeva la Sinfonia nr. 1 in sib maggiore, detta la Primavera, la Fantasia in do maggiore per violino e orchestra op. 131 e la Sinfonia nr. 4 in do minore, eseguite dall'Orchestra de la Monnaie, diretta da Frank Beermann e con la partecipazione della violinista Saténik Khourdoian.

Orchestra ben rodata ed unita, di dimensioni rispettabili (ben 6 contrabbassi e 4 corni), violinista talentuosa, direttore navigato. C'erano tutti gli ingredienti per una serata eccezionale. Qualcosa, però, non mi ha convinto. La musica. Non ho alcuna familiarità con la musica sinfonica di Schumann, forse perché ogni tentativo di ascoltare una sua sinfonia mi ha lasciato con un leggero amaro in bocca. Non la capisco. Non posso dar sempre la colpa agli interpreti. Ci sono tratti che richiamano lo slancio romantico di un Mendelssohn, altri la forza di un Beethoven, altri ancora anticipano la solidità di un Brahms, ma nell'insieme mi dà l'impressione di mancare di qualcosa. Si tratta di gusti personali. L'orchestra ha fatto un ottimo lavoro, pur se con un'interpretazione un tantino scolastica. Degna di nota la giovane solista, che ha concesso un bis con l'intenso Recitativo e Scherzo di Kreisler, anche se pure in questo caso la prodigiosa abilità tecnica ha prevalso un po' sull'interpretazione.

Ciononostante questo concerto ha rappresentato un'occasione da ripetere. La sala ha un'acustica perfetta anche nella III balconata, pur se a mio parere risulterebbe troppo secca per l'organo. L'evento, organizzato da un gruppo internet, mi ha permesso di conoscere altri appassionati di musica con cui andare per concerti. Per qualche momento mi è sembrato di fare un salto negli anni '60-'70, all'auditorium della RAI di Torino. Purtroppo anche lì sono riprese le stagioni concertistiche ma l'organo funge da mera decorazione. Ennesima conferma della forte similitudine tra Italia e Belgio.

War and Peace, Darkness and Light

Guerra e Pace, Tenebre e Luce. Questo il titolo di un concerto per ricordare la I Guerra Mondiale tenutosi sabato scorso nella chiesa cattolica tedesca di Bxl, Sankt Paulus. La prima del concerto era stata nel maggio 2014, ma visto il successo hanno pensato bene di ripetere l’iniziativa. Un coro creato appositamente e comprendente elementi tedeschi, belgi e britannici (a rappresentanza delle nazioni coinvolte nel conflitto) era diretto da Geert Hendrix ed accompagnato al piano ed organo da Wannes Vanderhoeven ed al violoncello dalla giovane Sarah Van Laere e con la partecipazione del soprano Anneli Harteneck.

Il programma era vario e ben strutturato: prima parte "Guerra", con "The spirit of the Lord di E. Elgar, "Timor et tremor" di F. Poulenc e "Hör mein Bitten" fi F. Mendelssohn; seconda parte "Ricordo" con la poesia "Aux soldats morts" di E. Verhaeren, la Sarabanda dalla V suite per violoncello solo di J.S. Bach e "Introitus" di M. Lauridsen; terza parte "Pace" con la preghiera "Verleih uns Frieden gnädiglich" nelle versioni corali di H. Schütz, F. Mendelssohn e H. Distler, con a seguire un'improvvisazione all'organo su "Dona nobis pacem"; quarta parte "Luce" con "Lux aeterna" di V. Nees, "Wohl mir, dass ich Jesum habe" dalla BWV 147 con solo violoncello ed organo, "Ubi caritas" di M. Duruflé, "Beati quorum" di C. V. Stanford, un estratto dalla poesia "Den Frieden lehren" di H. D. Hüsch e per finire "Wie lieblich sind deine Wohnungen" dal Requiem di J. Brahms. Non ci sono stati applausi tra le sezioni. All’inizio il parroco cattolico tedesco ha introdotto il concerto, simbolicamente accendendo una candela di speranza. Al termine, come da tradizione belga, verre dell’amitié, a bretzel e vino, visto che si trattava della chiesa tedesca.

Ho gradito molto questo concerto. La scelta del repertorio è stata molto curata. L’alternanza di stili, di epoche e di lingue, con i piccoli intervalli dati dalla lettura di poesie e da brani strumentali, ha reso piacevole il tutto. La qualità del coro, per essere amatoriale, era molto buona. Vi faceva parte anche il nostro Kantor e due soprani professionisti, quindi immagino che anche gli altri siano passati attraverso delle selezioni. Intonazione buona, qualche piccola e trascurabile sbavatura negli attacchi, ma l’attenzione al testo ed al fraseggio si facevano sentire. L’accompagnamento sempre discreto ma presente, da persone esperte. Sinceramente l’improvvisazione organistica su “Dona nobis pacem” non mi ha entusiasmato, troppo scolastica, inoltre ha svelato problemi d’intonazione dello strumento che andrebbe risistemato (lo so perché lo suono talvolta a messa e recentemente sono saltate fuori anche piccole magagne tecnica, probabilmente in parte dovute all’uso del riscaldamento). Alla fine l’ennesima dimostrazione di come si possano compiere meraviglie musicali anche senza ricorrere a grandi nomi, ma semplicemente con la buona volontà ed un minimo di preparazione.

Carmina Burana all'università

Marzo musicale a Bxl, è proprio il caso di dirlo. Giovedì sera sono andata a sentire i Carmina Burana di Carl Orff in un'aula della Vrije Universiteit Brussel, ossia l'università fiamminga ove lavoro. Ovviamente, trattandosi di un'università massonica in una città massonica, la scelta non poteva ricadere che su questo repertorio, come pure sottolineato nell'introduzione da parte del vice-rettore e di un professore del locale conservatorio.

Senza cavalletto, chiedo venia.
La versione presentata era per due pianoforti, ensemble di percussioni, solisti e coro. Il coro, piuttosto imponente a vedersi ma naif e debole vocalmente, era formato da studenti del Conservatorio Reale di Bxl e del Kunsthumaniora. Ai pianoforti la giapponese Kanako Ninomiya ed il belga Nicholas Van de Velde. L'ensemble di percussioni comprendeva cinque studenti del conservatorio, molto bravi nel gestire un'orchestra di percussioni intera. I solisti erano il baritono brasiliano Bruno Resende, onestamente insascoltabile ed inguardabile per le espressioni buffe che faceva, il tenore brasiliano Raphael Freitas, passabile, ed il soprano belga Esther Kouwenhoven, dalla voce molto bella e curata anche nei pianissimo. Il tutto diretto da David De Geest, giovane direttore d'orchestra, con un gesto manierista e teatrale ma almeno chiaro e comprensibile.

Tutti interpreti molto giovani e per questo forse non ancora maturi abbastanza per una composizione simile. Il coro se l'è cavata in qualche modo con l'intonazione, ma per il resto era da mettersi le mani nei capelli! Nessuna ricerca del suono, nessuna espressività, nemmeno testuale, nessun entusiasmo. Un numero impressionante di giovani vestiti di nero per un suono appena udibile e paragonabile ai coretti di bambini delle parrocchie italiane (niente a che vedere con i cori di bambini tra Germania e Regno Unito). Potrei dire lo stesso dei pianisti, la giapponese non aveva alcuna espressività ma tecnicamente era fantastica, il belga sembrava persino annoiato dal compito. Ciononostante, merito anche della gentile compagnia che mi ha permesso di commentare nella mia lingua, la serata è stata molto piacevole. Esecuzione casalinga ma effettivamente si trattava di testi goliardici scritti da studenti con poca voglia di studiare, odio per la Chiesa (particolare sempre sottolineato alla VUB, in contrasto con l'Università Cattolica di Leuven) e passione per il bere e per altre "gioie" della vita.

Weekend con la (nuova) musica liturgica

Solo la chiesa luterana poteva pensare di organizzare un weekend dedicato alla nuova musica liturgica, con tanto di seminario tenuto da un pastore-musicista e laboratorio di canto! Infatti, tra sabato 7 e domenica 8 marzo, da unica non-tedesca ed unica cattolica, ho preso parte ad un workshop dedicato alla nuova musica liturgica (Neues Geistliches Lied, letteralmente nuovo canto spirituale), con la guida del pastore-poeta Eugen Eckert, presso la chiesa luterana di lingua tedesca a Bxl.

Il pastore Eugen Eckert
Il pastore Eckert ci ha intrattenuto un paio d'ore sul perché si scriva ancora nuova musica sacra, intervallando i discorsi con canti dal libro da lui curato Durch Hohes und Tiefes (HuT, ovviamente con partiture, anche a 5 voci, di tutti i canti e numerosi canoni da improvvisare durante la liturgia). Da buon luterano, come lui stesso ha ribadito scherzando, ci ha presentato 15 tesi che riassumo di seguito: Ogni canto sacro è stato nuovo all'inizio. L'esempio è "O Haupt voll Blut und Wanden", originariamente una ballata. Nella Bibbia è scritto "Cantate al Signore un canto nuovo". La Bibbia stessa è piena di canti(ci). La comunità si riconosce nel canto. Il canto ha una funzione evangelizzatrice. Può avere un significato socio-politico ed aiutare a superare le crisi. I canti vanno comunque contestualizzati nella vita del poeta/compositore e nel periodo storico, anche se poi spesso la funzione assunta è completamente diversa. Hanno una funzione sociologica, pedagogica e psicologica.

La domenica il culto è stato presenziato dal pastore locale e dal pastore Eckert, con la partecipazione di tutti i gruppi musicali delle comunità di lingua tedesca (cattolica e luterana, quindi comprendente un coro ecumenico di bambini, un coro ecumenico di adulti, un gruppo di ottoni), un coro-laboratorio appositamente creato ed un gruppo ospite di giovani (con tanto di batteria d'accompagnamento). Dopo il culto si è svolta una matinée musicale, continuando a presentare canti della tradizione ma con nuovi testi e canti completamente, non prima di aver fatto uno spuntino a caffè o tè e torte, come da tradizione luterana.

Non illudetevi, ha suonato la tastiera.
La mia opinione. I testi di questi nuovi canti sono poesie molto belle, teologicamente sensati. In Italia si sono scritti canti nuovi (penso ai vari Gen, Spoladore, etc.) ma spesso i testi sono banali od addirittura teologicamente errati (vedi commento di Bepi de Marzi). Per quanto riguarda la musica, anche nella chiesa luterana tedesca la tendenza ad ammodernare non riesce a raggiungere le vette dei compositori del passato. A differenza di alcuni compositori di musica sacra in Italia, però, pur se l'armonia è banale ed usa progressione e moduli triti e ritriti, è sempre corretta. Inoltre i compositori tedeschi tengono conto della respirazione e gli accenti verbali corrispondono (in genere) a quelli musicali. Lo stesso non si può dire alle nostra latitudini, ove tutti cantiamo "Quando bùssero allà tua portà" di Giombini o quando soffochiamo cercando una cesura nelle lunghe melodie inconcludenti ed estese su almeno due ottave e mezzo di Frisina. Il HuT contiene anche corali storici, cui ormai tutti sono affezionati, ma con testi aggiornati. Pure questo tentativo è miseramente fallito da noi, la versione "Nato per noi" non ha migliorato di molto l'arcaico "Astro del ciel". Quando un collega del coro mi ha chiesto della situazione nella chiesa cattolica in Italia non potuto far altro che allargare le braccia, con la nostra tipica comunicazione non-verbale. Che fare? Siamo senza speranza. Eppure ci sono degli esempi lodevoli, migliore pure di questa paccottiglia armonica tedesca. Penso ai salmi di Padre Turoldo musicati da Bepi de Marzi, ingiustamente poco diffusi. Ottima poesia e melodie semplici ma piacevoli, perfette per il popolo dei fedeli.

Prima la musica (orchestra) poi le parole (canto)

Non mi sembrava vero! Finalmente potevo andare a sentire un'opera a Bxl. Beh, non alla Monnaie/De Munt, ossia l'opera nazionale, ma al Bozar. Egualmente interessante. Beh, in piccionaia. Non importa, i prezzi sono esorbitanti egualmente e poi questo è il posto ove si ritrovano i veri melomani. Beh, ma l'opera è in forma di concerto. Accidenti! Questo un po' conta. Pazienza, tanto è il Barbiere di Siviglia, garanzia di divertimento musicale. Beh, sì, ma non quello di Rossini... quello di Paisiello. COSA???

Era da un po' che pensavo ad un post dedicato alle sorelle "minori" di alcune grandi opere, come appunto il Barbiere di Paisiello, la Boheme di Leoncavallo, etc. Pensavo, però, di sentirmele da YouTube, non di pagare €19 per una versione in forma di concerto nella stretta balconata superiore del Bozar, con temperature da Pianura Padana a luglio (ci mancavano solo le zanzare). Questa è Bxl. Una continua delusione e fregatura. Rimpiangendo Vienna ogni giorno, ove -non mi stancherò mai di ripeterlo- potevo andare alla Staatsoper per €3 posto in piedi, con acustica e visuale indiscutibili.

Sorvoliamo sulla polemica trita e ritrita e passiamo alla scaletta, in realtà promettente. Direzione di René Jacobs (un nome una garanzia), il Conte d'Almaviva Topi Lehtipuu, Rosina Mari Eriksmoen, Bartolo Pietro Spagnoli, Figaro Andrè Schuen, Don Basilio Fulvio Bettini. Freiburger Barockorchester e membri della Wiener Kammeroper (ecco che ritorna Vienna...). Musicalmente la versione di Paisiello è carina ma è stata decisamente superata da quella di Rossini. Non c'è una sola aria memorabile in oltre due ore di musica. L'unico dettaglio simpatico, studiato a tavolino, è la citazione nel finale dell'ouverture delle Nozze di Figaro da parte di Mozart, che nella raccolta di Beaumarchais segue le vicende narrate nel Barbiere e la cui rappresentazione musicale è seguita di pochi anni. Mozart ha giustamente pensato bene di "collegare" le due opere.

Al contrario, gli interpreti sono stati degni di lode, in particolar modo l'orchestra. Fantastica! Esecuzione secondo prassi, ma non sterile. Non solo l'intonazione era perfetta, ma addirittura l'entusiasmo individuale e la magnifica coordinazione trasparivano ad ogni frase musicale. Si sono divertiti più gli orchestrali del pubblico. Spero di aver presto l'occasione di risentirli in brani puramente orchestrali e decisamente barocchi. I cantanti in genere non hanno proprio brillato, quasi perennemente coperti dall'orchestra (colpa anche della posizione). Vocalmente Mari Eriksmoen è superba, voce molto bella ed interpretazione curata. Sulla recitazione c'è da lavorare un po', ma è giovane e promette una bella carriera. Il Figaro di Andrè Scheun si è distinto per la recitazione coinvolgente, un po' meno per il canto, mi sicuramente migliore del Conte d'Almaviva Topi Lehtipuu, a mio parere non matura abbastanza né vocalmente né attorialmente. Il Bartolo di Pietro Spagnoli si è dimostrato più navigato e nella media per un'opera simile. Come si può intuire, nonostante la rappresentazione fosse in forma di concerto, c'è stata un'abile regia che a parte la presenza dell'orchestra al centro del palco ha fatto dimenticare di non essere in un teatro. Unico dubbio, i costumi. Rosina sembrava Minnie, Figaro un radical chic ed il Conte un hipster. Effetti della modernizzazione? Eppure Bartolo e don Basilio erano perfettamente abbigliati secondo tradizione.

In conclusione, a parte qualche colpo di sonno da imputare alla stanchezza per la giornata lavorativa e la temperatura in loggione, è stata una piacevolissima serata. Certo, il confronto con Vienna è impari, ma la Freiburger Barockorchester ha pienamente meritato il costo del biglietto. Ho avuto modo anche di apprezzare meglio la sala del Bozar. Bella davvero. Meriterebbe una visita solo per gli aspetti architettonici. Dispiace solo per l'organo che troneggia sul palco ma che continua a tacere nonostante le promesse di restauro. A rendere la serata piacevole, oltre  la musica, ha contribuito la compagnia di altri due italiani patiti di musica. Ci sono voluti due anni a Bxl per trovare qualcuno con cui condividere questa passione.

Bach in pellicola

Ne avevo già parlato, finalmente ho potuto vederlo. Intendo il film "Die Stille vor Bach", il silenzio prima di Bach. Versione in lingua originale (credo), in tedesco e spagnolo. Si tratta della pellicola più visionaria che abbia mai visto. Dialoghi ridotti all’osso. Al centro un Bach interpretato da Christian Brembeck che parla direttamente all’ipotetico visitatore/spettatore. All’inizio ed alla fine situazioni di vita quotidiana, in cui coscientemente o meno la musica di Bach interrompe il silenzio o i rumori della modernità. Spezzoni di guide nella città di Lipsia, spiegazioni sulla vita del Tomanerchor, la riscoperta della Matthäuspassion da parte di Mendelssohn (unico altro episodio in costume, preceduto da una lunghissima scena di mercato dell'epoca, compresa discussione e consigli su ricette locali). Esempi musicali, parti orchestrali, cori, Christian Brembeck imparruccato che suona il Bachorgel, etc. Ed alla fine, non a caso, dal Magnificat “Fecit potentiam in brachio suo”. Non è un film su Johann Sebastian Bach, è un film su di noi, lento, dominato da lunghi silenzi e piani sequenza su scene di vita talmente quotidiana e banale che non verrebbero mai condivise nemmeno su Facebook. Quasi a dire, solo Bach è musica, tutto il resto è rumore. Non condivido pienamente, ma senza dubbio senza la musica di Bach il mondo che conosciamo sarebbe diverso e probabilmente peggiore. Qualche tempo, commentato un film-documentario di matrice italiana sul grande compositore di Eisenach, dissi che non sentivo la necessita dell'ennesima pellicola su Bach, scatenando il risentimento del regista. Purtroppo non ho ancora potuto valutare interamente quel film, ma le poche scene viste, messe a confronto con questo lavoro di Pere Portabella, hanno confermato la prima impressione di delusione di forse eccessivamente utopistiche aspettative.
Fotogramma da "Die Stille vor Bach".
Rimanendo in tema film su J.S. Bach, recentemente ho potuto gustare anche il celeberrimo "Chronik der Anna Magdalena Bach", un film storico (1967) francese di cui avevo molto sentito parlare. Gustav Leonhardt interpreta Johann Sebastian Bach, mentre nell’orchestra figura un giovane Nikolaus Harnoncourt al violoncello. Quasi un documentario, la pellicola è totalmente didascalica, con la voce (ed i silenzi) di Anna Magdalena che narra la propria a vita come seconda moglie di un grande artista. Ovviamente non mancano scene della vita liturgico-musicale a Lipsia. Un'opera monumentale. Giusto per sorridere, non solo nessuno mai si ricorda del povero addetto ai mantici dell'organo, in epoche in cui suonare non era agevole come oggi, ma tra i commenti al video uno in particolare mi ha fatto davvero sganasciare:- Non sapevo che Bach parlasse con accento olandese- (tradotto dal tedesco). LOL

Per finire, questa ricerca ha fruttato la scoperta di altre rappresentazioni della vita di J.S. Bach, tra cui il film "Mein Name ist Bach" ed una serie televisiva in quattro episodi prodotta dall'Ex-Germania-Est giusto nell'anno del 300° dalla nascita. Prima di guardarle su YouTube, aspetterò una serata Bach programmata dalla chiesa luterana di lingua tedesca a Bruxelles/Brussel, ove proietteranno un film su J.S. Bach... ma non so quale.

Coro di parrocchia... australiana

Nel panorama musicale brussellese, la chiesa di lingua tedesca continua a darmi occasioni di diletto con l'organizzazione di piacevoli ed interessanti concerti. Stavolta il coro di St. Laurence a Sydney (Australia) ha spaziato dalla musica antica a quella contemporanea nella Cappella Protestante a Bruxelles.

Una menzione speciale merita l'edificio, perché non è comune trovare una chiesa protestante (riformata) nel cuore della città storica, roccaforte cattolica. Vi è pure un organo carino, di Dreymann, ovviamente un tedesco. Quest'angolo di Bxl è un gioiellino di bellezza quasi... viennese. Scusate il paragone, ma lo stile richiama fortemente quello dei palazzi affacciati sul Graben. Tornando al concerto, diretto da Neil McEwan, il programma ha previsto antifone gregoriane (Puer natus), brani di Byrd, Taverner, Gibbons, Duruflé, Lauridsen e compositori contemporanei (più giovani della sottoscritta), a cappella e con l'accompagnamento dell'organo, il quale ha suonato anche durante un breve intervallo con il Benedictus dalla Messa delle Parrocchie di Couperin e l'Andante finale della VI Sonata di Mendelssohn.

È stata una piacevole serata anche se nulla di eccezionale. Il coro sarebbe facilmente battuto da quasi qualsiasi coro parrocchiale tedesco. In realtà proprio di un coro parrocchiale si tratta. Non comprendo quindi la tournée internazionale, persino dall'Australia. Onestamente il Mortalisatis, coro laico di cui feci parte per un periodo, partecipava a concorsi ed eseguiva un repertorio anche più ardito e con risultati migliori, eppure difficilmente usciva dalla provincia, forse anche per un certo senso d'inferiorità ed un perfezionismo tipici di noi italiani. Qui non discuto la bravura tecnica del coro di St. Laurence, decisamente di buona qualità, ma la poca cura per il suono (l'acustica della cappella non aiutava) e soprattutto l'interpretazione scolastica. Le cose migliori, paradossalmente, sono state l'intro gregoriano (solo voci maschili) ed un brano di un autore australiano, forse più sentito.

In ogni caso, senza la chiesa tedesca a Bxl ascolterei poca musica dal vivo. La cappella era quasi piena e tra le facce ho riconosciuto molti di quelli che frequentano Sankt Paulus. Segno che nonostante ci si trovasse nel cuore della città e nonostante la presentazione fosse in inglese e francese, pochi locali abbiano colto l'occasione. Eppure la chiesa protestante (di lingua francese) ha sostenuto e partecipato nell'organizzazione della serata, allestendo anche il tradizionale "verre de l'amitié" alla fine del concerto. Certo che se hanno dovuto scomodare un coro dall'Australia, vuol dire che o non sanno apprezzare i musicisti locali (eravamo a due passi dal conservatorio ed i cori parrocchiali non mancano nemmeno qui, sperando non si limitino a bonghi e balletti) o non sono interessanti a questo tipo di eventi. Peccato.