Organi ed organisti

Quest’anno non c’è stato modo e tempo per assistere ad un vero concerto di Natale a Bruxelles, per cui mi sono rifatta col tradizionale concerto d’organo di Santo Stefano nella chiesa di San Lorenzo ad Abano T. Dopo una lunga pausa, finalmente questo evento è tornato nelle mani di chi ha progettato e curato il rinnovo dell’organo, ormai quasi 15 anni fa, ossia Francesco Finotti.

Il felicissimo connubio tra questo strumento e l’interprete è stato confermato. All’ingresso il poderoso Pezzo Eroico di C. Franck. A seguire l’Adagio e dolce dalla III Triosonata in Re min. BWV527 che ha ricreato l’atmosfera incantata dei pastori di fronte alla natività, ed il concerto Bach-Vivaldi in Re magg. BWV972, che, invece, ha reso l’orchestra ma al contempo ha mostrato le peculiarità dell’organo. Passando a Liszt, con una selezione di brani dalla suite "L'albero di Natale", esplorando la meditazione interiore e la modernità musicale della seconda parte della produzione di questo autore, meno virtuosistica ma più profonda. Infine un omaggio a Mozart, non solo nella sua ironia con la marcia del Sign. Contrappunto (K453a) e la Giga in sol magg. (K574) in cui entra pure una "citazione" del nome Bach, ma anche nella sua grandezza con la Fantasia in Fa min. K. 608. A premiare il pubblico anche due bis. In ogni caso è stato notevole lo sforzo mnemonico per la quantità e la complessità dei brani presentati.

Non ci sono dubbi che il concerto mi sia piaciuto. Finotti è una conferma, su questo strumento è una garanzia. Ho apprezzato molto la scelta intelligente del programma: non forzatamente "natalizio" o da esibizione virtuosistica per accontentare un auditorio illetterato, non esageratamente cervellotico e contorto per i soli addetti ai lavori. Con sorpresa ho notato che il pubblico era meno tedesco e più italiano, segno della “crisi” ma forse anche di una maggiore sensibilità musicale? A giudicare dalle recenti scelte televisive (tenorini per il concerto al Senato e Weihnachtsoratorium di Bach dalle 23:30 su canale satellitare) sembrerebbe in atto una regressione. Si spera nelle realtà locali per una qualche educazione musicale. Sono di parte, ma una maggiore conoscenza dell’organo non potrebbe che fare bene. Stufi di sentirlo chiamare “pianola”, “pianoforte con le canne” e via dicendo. Stufi di sentirci considerati dei fratelli minori e meno capaci dei pianisti. Stufi di vederci svalutati anche dai parroci che preferiscono schitarratori della domenica o autodidatti.

Lo strumento in questione.
Qualche giorno prima di rientrare in patria per le festività, ho avuto modo di visitare brevemente la chiesa di Sint-Katelijne a Bxl, che per lungo tempo è stata chiusa. La facciata ripulita è bellissima. Peccato il mercatino di fronte l’abbia utilizzata come uno schermo per proiettare balletti e musiche varie… anche durante la messa al sua interno. Quando vi sono entrata c’era un organista che studiava. Studiava? Magari!!! Prima è partito in organo pleno con la Toccata dalla V sinfonia di Widor, giusto per ingolfarsi alla seconda battuta. Poi ha provato con due piccoli preludi e fughette, erroneamente attribuite a Bach, ma anche qui le difficoltà tecniche l’hanno bloccato. Infine è riuscito a fallire pure con un’invenzione a due voci (stavolta Bach autentico). Se penso che quando studiavo a Vienna nella Peterskirche suonavo al minimo e cercando di perfezionare solamente brani ben rodati... Beh... valorizzare l'organo significa anche farlo suonare da chi sia in grado di farlo, specialmente quando la chiesa è frequentata.

La cantata al suo posto

La vita mi ha dato una nuova occasione per sentire una cantata di J.S. Bach eseguita durante la liturgia nella Kaiser-Wilhelm-Gedächtnis-Kirche a Berlino e per riascoltare la BWV 55 dopo l’esecuzione in concerto nella chiesa tedesca di Brussel/Bruxelles. Dunque, eccomi nuovamente a Berlino, sempre di passaggio. Il Bach Chor era diretto da Achim Zimmermann, all’organo Renate Wirth, tenore solista Nico Eckert.

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Il culto era in forma breve, con la sola liturgia della Parola. All’inizio l’organista si è esibita nella Toccata in re min. op. 59,5 di Max Reger, non senza qualche incidente di percorso (forse a causa del girapagine). L’acustica è ottimizzata per il coro e l’orchestra posti in cantoria, ma il suono dell’organo viene letteralmente tagliato dai pannelli posti per questo scopo. Il positivo suona benissimo, il grand organo è secco e quasi “digitale” per l’artificiosità del suono in un ambiente di vetro. Nel complesso, però, l'esecuzione mi è piaciuta e la scelta era quantomai appropriata.

Tra la preghiera iniziale e la prima lettura, il coro ha eseguito il mottetto “Es werden nicht alle” di Melchior Franck. Tecnicamente buono, ma non curato, con le terribili terminazioni in -s perennemente sfasate e l’interpretazione quasi istintiva. Penalizzato comunque dal suono secco della chiesa. I fedeli hanno partecipato con il canto del credo (“Wir glauben all an einen Gott" EG183) e del corale “Nimm von uns Herr, du treuer Gott" (sulla melodia del "Vater unser" di Lutero, per chi la conosce).

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La cantata è stata eseguita subito dopo la predica, come commento alle parole del pastore. Sono stati usati strumenti moderni e lo stile generale richiamava la tradizione degli anni ’60. Onestamente avere un flauto traverso moderno ne ha valorizzato la linea. Il tenore ha dato un’interpretazione chiara al testo, mostrando di comprendere bene il tedesco (ovvio, è la sua lingua) e soprattutto il sentimento luterano. Già, perché l’omelia era proprio incentrata sulla pericolosa confidenza nella bontà di Dio Padre, che è sì misericordioso ma solo se ce lo meritiamo. Discorso tipicamente protestante, un po’ lontano dal buonismo cattolico che va per la maggiore di questi tempi. Della serie, non basta chiedere perdono a parole se ci si comporta male, prima bisogna fare di tutto per comportarsi bene e poi, se si sbaglia in quanto umani, essere veramente pentiti dell’errore. Questo atteggiamento ha profonde ripercussioni nella cultura locale, anche al di fuori della chiesa e della musica.

Tornando alle questioni prettamente musicali, credo che la collocazione naturale delle cantate di Bach, ossia durante la liturgia, in relazione con le letture del giorno, sia la migliore in assoluto. Estrapolarle dal contesto ne fa apprezzare la fine arte della composizione ma ne perde interamente il fine di commento alla Scrittura e quindi ne risente pure l’interpretazione. Lo stesso dicasi per le messe antiche, ma vale anche per Mozart e coevi, che andrebbero eseguiti durante la liturgia, al loro posto. Cosa che capitava di sovente a Vienna, nella chiesa cattolica, ma che raramente ho sentito al di fuori di questi ambienti.

Giovani bachiani brussellesi in concerto

Chiesa tedesca, musica tedesca. Combinazione perfetta per una sonnacchiosa domenica pomeriggio in una Brussel/Bruxelles già autunnale. Il programma prevedeva la Capella Bruxellensis cimentarsi con la cantata per tenore solo “Ein Jammerton, ein schluchzend Ach” TWV 1, 424 di G.Ph. Telemann,  la II suite per orchestra in si min. BWV 1067 e la cantata per tenore solo “Ich armer Mensch, ich Sündenknecht” BWV 55 di J.S. Bach. Solisti il tenore Pieter De Moor e la flautista Sien Huybrechts, ma degni di menzione anche gli altri giovani interpreti: Ann Cnop e Jee Hye Lee ai violini, Benjamin Lescoat alla viola, Ronan Kernoa al violoncello, Christine Sticher al violone, Benoit Laurent all'oboe e Anthony Romaniuk al basso continuo (cembalo ed organo). Ingresso €15. Veramente un po’ caro per un’oretta di concerto ma visto che non si paga alcuna Kirchensteuer in Belgio, spero di contribuire così anche al buon funzionamento della chiesa di lingua tedesca ed al sostegno della musica classica fatta dai giovani.

Acustica leggermente imperfetta, complessa gestione degli strumenti d'epoca per cui il tenore ed il flauto traverso risultavano talvolta coperti e soffocati dall'onnipresente clavicembalo o dagli archi, che in più di qualche occasione hanno avuto qualche problema d'intonazione, ma nel complesso una piacevole armonia barocca ha invaso l'ultramoderna cappella di Sankt Paulus. Telemann e l'Ouverture sono state accompagnate al cembalo (uno strumento Hungerberg molto bello, con il "coperchio" finemente dipinto), mentre per la cantata bachiana si è preferito l'organo (lo strumento della chiesa, un due manuali meccanico piuttosto recente, di modeste dimensioni - ca. 8 registri - ma ben fatto). Il continuista era davvero eccessivamente presente in Telemann (magari chiudere il coperchio?), oscurando l'impressionante bravura della flautista, che non solo ha mostrato ottima abilità tecnica ma anche una particolare sensibilità. Degni di nota anche l'oboista (perfetto), il tenore (per la partecipazione emotiva in cantate dal tema alquanto profondo) ed il violoncellista. Molto brava anche il primo violino, ma a mia impressione un po' troppo meccanica. Bis scontatissimo con la Badinerie. Alla fine "bicchiere dell'amicizia" come si usa qui e nei paesi di lingua tedesca. Pubblico anziano, scarso (massimo 40 persone), ma di qualità.

I concerti vanno un po' cercati a Bxl. Non perché non ve ne siano, ma perché le proposte dell'Opera e del Bozar sono spesso troppo costose per repertori ed interpreti che non mi attirano particolarmente. Anche i concerti nelle chiese vanno cercati. Scarsa pubblicità e costi alti per manifestazioni musicali in posti talvolta scomodi da raggiungere. Così mi sono persa un paio di concerti d'organo a Saint Servais ed uno sul celebre organo Chant d'Oiseau, entrambi un incubo con i mezzi pubblici di sera in settimana. La chiesa tedesca, al contrario, dà una certa garanzia, pur se con sporadiche esibizioni. Poi si viene ricompensati con qualche ora di piacere culturale, non interrotto o accelerato dall'esigenza della messa vespertina o disturbato dalla solerzia inopportuna del sagrestano di turno, come invece ho avuto modo di sperimentare più di qualche volta nelle chiese venete. Sembra più facile incorrere casualmente in manifestazioni musicali in città come Anversa, Bruges e Mechelen. In ogni caso, bisogna saper dove cercare ed avere il tempo per farlo, al contrario di Vienna ove, bisogna dirlo, c'era solo l'imbarazzo della scelta.

Pioggia ed Arco Baleno

Stavolta il correttore automatico non c'entra, volevo scrivere proprio Arco Baleno, ossia il nome di un interessante ensemble strumentale che ho ascoltato in una sera di pioggia a tratti. Ieri sera un'amica mi ha offerto l'opportunità di tornare nella magnifica Bruges/Brugge con la sua famiglia per un concerto vivaldiano nella chiesa dell'antico Beghinaggio. L'occasione e la compagnia era troppo attraenti per rifiutare.

La locandina:
Concerto in la minore RV 356 da L'Estro Armonico per violino, archi e b.c.
Concerto grosso in re maggiore RV 511 per 2 violini, archi e b.c.
Concerto in do maggiore RV 443 per piccolo, archi e b.c.
Concerto in sol minore RV 317 per violino, archi e b.c.
Concerto in re maggiore "il Gardellino" RV 428 per piccolo, archi e b.c.
Concerto grosso in la minore RV 522 da L'Estro armonico per 2 violini, archi e b.c.
Peter Verhoyen al piccolo
Dirk Lievens violino solista
Ann-Sofie Vande Ginste, Gudrun Verbanck e Liesbet Jansen violini
Kaat de Cock viola
Marijke Gonnissen violoncello
Jan Verheye contrabbasso
Guy Penson clavicembalo

Il concerto era di promozione al loro cd contenente una selezione di concerti per archi di Vivaldi, difatti al termine dell'esibizione hanno offerto un piccolo rinfresco pubblicizzando in maniera molto delicata anche le altre loro incisioni,   il tutto in una rilassata atmosfera familiare. Gli interpreti sono stati magistrali, poche sbavature (soprattutto in RV 511) ed una coinvolgente interpretazione. Forse un tantino "sentimentale" in alcuni passaggi, a partire dalla scelta del brillante ottavino al posto del tradizionale sopranino, ma per questo ancora più godibile di una fredda e leggera ripetizione di suoni da parte di esecutori un po' troppo zelanti nella prassi esecutiva. Bisogna anche ammettere che Vivaldi si presti a questa doppia interpretazione: mera esibizione di perfezione tecnica o leziosità virtuosistica per attirare gli applausi. In ogni caso, questo gruppo strumentale esegue repertorio di vario tipo e non si è specializzato in un unico genere. L'ensemble era guidato dal violino solista, ma in alcuni momenti ho notato una certa incertezza da parte degli altri ad interpretare le sue intenzioni. Al termine del concerto questi ci ha messo a parte che hanno dovuto subire una sostituzione all'ultimo momento causa indisposizione. Questo forse spiega il leggero spaesamento. In ogni caso, è valsa la pena dei €10 del biglietto e del viaggio in auto, fosse solo per le doti non solo tecniche di Peter Verhoyen: quando c'era lui in scena il resto del gruppo diventava un soffice tappeto sonoro. Davvero una piacevole serata, quasi come essere entrati nel salotto di questi signori che si divertono a far musica assieme.

MIM ovvero minimo in mostra

Qualche settimana fa sono finalmente riuscita a visitare il celebre Museo degli strumenti musicali a Bruxelles-Brussel. L'edificio è uno dei più belli in città, nonostante fosse stato progettato come magazzino. Sarà che poco è rimasto di quella bella epoca di gusto architettonico. Vi sono andata con una collega dell'università che suona il sassofono, giusto in occasione della mostra speciale dedicata ad Adolphe Sax per il bicentenario dalla nascita.

Il museo è strutturato in sale tematiche. Partendo dal semi-interrato, ove si trovano gli strumenti automatici e quindi la storia della riproduzione musicale, passando ai piani superiori dedicati rispettivamente agli strumenti della musica occidentale, agli strumenti di altre culture del mondo e alle geniali invenzioni in campo musicale di Adolphe Sax. L'edificio ospita anche un negozio, una mostra sulla storia dello stabile ed infine un ristorante dotato di terrazza sul tetto da cui si gode una spettacolare vista sulla città. Il biglietto, €12, comprende l'audioguida, con esempi musicali da alcuni degli strumenti in mostra.

Impressione finale: insomma. La mostra è molto ricca ma gli strumenti sono solo esposti, senza alcuna spiegazione sull'evoluzione tecnica dall'uno all'altro o sulle scuole di costruttori o sui materiali o sulla produzione del suono, etc. L'audioguida non contiene nemmeno informazioni sul brano in ascolto. L'organo a canne non è minimamente considerato, ovviamente, se non nelle versioni orchestrali automatiche. Non c'è una sola sezione o immagine dell'interno di uno strumento. Paradossalmente un visitatore si potrebbe domandare come mai clavicembalo e pianoforte sembrino simili ma abbiano suoni differenti. Nessuna menzione dell'evoluzione dei temperamenti. Non c'è nessun custode nelle sale, né alcuna dimostrazione è programmata. Solo la mostra su Sax era completa di note biografiche, curiosità ed informazione sui brani e sugli esecutori.

Non ho una grande esperienza di musei di strumenti musicali. Il confronto è con quello di Berlino, piccolo ma molto curato, la sezione del Deutsches Museum di Monaco, più focalizzata sulla tecnica degli strumenti con dimostrazioni quotidiane e meccanismi da provare, e la mostra del Kunsthistorisches Museum di Vienna, ove delle tastiere (non digitali, tipo "spinette") permettevano ai visitatori di sperimentare i vari temperamenti. Il mondo tedesco ha un approccio diverso alla musica, forse più tecnico-analitico, però vedere strumenti musicali in vetrina come fossero quadri è per me limitante e limitato.

Gita organistica

D’estate le Fiandre si vestono di musica. Dopo il carillon, mi sono concessa un concerto d’organo all’interno di una sorta di festival in tutte le Fiandre Occidentali. Domenica ho preso un paio di treni fino a Kortrijk, cittadina che non conoscevo e che è nota per una battaglia del 1302 quando i locali fiamminghi vinsero il borioso esercito francese, per sentire una mia “vecchia” conoscenza, Mithra Van Eenhooge.

Il concerto si è svolto alle 16:30 nella chiesa di San Martino, su uno strumento Schyven del 1887, con 3 manuali e 43 registri, rimaneggiato ed elettrificato nel 1954 dalla Loncke. Il programma comprendeva: “Cortege” e “Berceuse” dai 24 Pezzi in stile libero di L. Vierne; “Improvvisazione corale su Victimae Paschali” di Ch. Tournemire, trascritta da Duruflé, il II Corale di C. Franck, “Intermezzo” dalla IV Sonata per organo di J. Rheinberger, “Litanies” di J. Alain, “Dominica ad Vesperas” di B. Luyckx ed una trascrizione di “Satyagraha” di Ph. Glass. Il brano “Dominica” è stato composto proprio per l’occasione. Ho perso l’ultimo pezzo per recuperare un treno che mi riportasse a casa prima della “scadenza” del biglietto. Dei brani poetici sono stati letti tra i vari brani musicali.


Ho conosciuto Mithra nel 2008, alla scuola estiva di Haarlem. Era l’unico belga, da Brugge-Bruges, il primo che abbia mai incontrato non avendo un’idea precisa di dove fosse il Belgio. E chi avrebbe previsto che sei anni più tardi avrei assistito ad un suo concerto da residente sul territorio? Onestamente all’epoca nemmeno pensavo di emigrare. Tornando al concerto, i tempi sono stati alquanto svelti, sottolineando il virtuosissimo di alcuni brani, ma la dimostrazione di agilità non era fine a se stessa. Il senso musicale prevaleva sempre e l’acustica del luogo così come il tipo di registri dello strumento sono stati rispettati. Certo, non c'era la maturità e la completezza sentita in F. Finotti, ma il ragazzo è sulla buona strada. Onestamente non ho trovato particolarmente interessante la composizione di Luycks, mi ha ricordato un’improvvisazione piuttosto standard, in linea con la moda di qualche anno fa. Mi sarei aspettata qualcosa di diverso da un così giovane compositore. Lo strumento non era nulla di eccezionale ma un buon romantico, con un piacevole impasto di fondi ed ance. 


La cosa buffa è stata ricevere un foglio per dare i voti al brano di Tournemire, alla composizione contemporanea ed al concerto in genere. Ci sarà un premio per l’organista con il punteggio più alto. Sarà un tentativo di fidelizzare il pubblico alla serie di concerti, ma mi sembra scorretto nei confronti degli organisti, penalizzando chi ha coraggio di proporre musica “nuova” rispetto a chi suona in modo tradizionale brani stranoti, magari nemmeno consoni allo strumento, all’ambiente o all’occasione. Non si tratta di un esame in conservatorio. I voti vanno anche a gusti personali.

Il carillon di Mechelen

Durante il periodo estivo le Fiandre sono investite da un vento musicale, quello delle campane delle torri più alti di chiese e municipi. L'anno scorso a Grimbergen, mentre ieri sono andata ad uno dei concerti di quest’anno, a Mechelen, un grosso centro, storicamente molto importante, a metà strada tra Bxl e Anversa. I carillon di Mechelen sono famosi, sia per l’accademia musicale ove tale strumento è insegnato, sia per il concorso internazionale di carillon Regina Fabiola.

Il campanile più famoso è quello della cattedrale di Sint-Rombout, ma ieri ho sentito le campane della chiesa Nostra Signora sulla Dijle (Onze-Lieve-Vrouw over Dijle). La chiesa, seconda per grandezza a Mechelen, è davvero imponente. È dotata anche di un bell’organo, racchiuso in una magnifica cassa settecentesca. Il carillon è composto da 50 campane, per un peso totale di 9123 kg, intonate secondo il temperamento equabile con il La1 a 440 Hz. Purtroppo non avevo il programma, ho riconosciuto solamente la trascrizione da un qualche concerto del periodo galante, delle variazioni sulla Follia, dei brani tardo-romantici ed un finale quasi jazz. Il carillonista era il titolare di questa chiesa, Tom Van Peer, un giovane non vedente, talentuoso carillonista,. Ho intuito che avesse un background pianistico prima di leggerne la biografia. Strumentista davvero straordinario! Non solo per l'abilità virtuosistica, ma soprattutto per l’attenzione al fraseggio e all’espressività, due aspetti davvero difficili da controllare con un carillon (vi ricordo che non si suona con le dita, ma con i pugni!). Ho provato a registrare un piccolo video del primo brano, ma il vento e l'inesperienza non hanno aiutato.


Dopo un’ora di concerto, dato il vento gelido e leggermente amareggiata dal fatto di essere stata apparentemente l'unica interessata all'esibizione, ho preso la via del ritorno, rimandando ad occasioni migliori la visita alla città. Allontanandomi dalla chiesa ho sentito un applauso. Ho così scoperto che una decina di persone era riunite in un cortile con tanto di schermo per vedere il carillonista. Che delusione! Non tanto per la tardiva scoperta, quando per la stordita che stava in chiesa che alle mie domande sul concerto aveva risposto sorpresa consigliandomi di tornare l’indomani (domenica) per chiedere informazioni al don. Manco un cartello avevo messo in chiesa o al suo esterno! La disorganizzazione belga ha colpito nuovamente la sottoscritta. Anche le cose belle mi lasciano l’amaro in bocca per colpa di scarsa organizzazione. Viziata dai paesi di lingua tedesca, direi che qui facciano tutto sempre a metà, non si capisce se per pigrizia, incompetenza o semplice noncuranza. Peccato!

Ritorno al passato remoto

Il mio abituale ritorno a casa per le festività pasquali è stato segnato da un concerto particolare. Un tuffo nel passato remoto ed un riassunto di tutta la mia vita. Queste le sensazioni che ho avuto, anche se il concerto in sé è stato un semplice concerto d’organo.

Per dovere di cronaca, la locandina.
Lunedì 21 aprile, alle 17, concerto d’organo nella chiesa di San Lorenzo di Abano Terme (Padova) con Francesco Finotti con il seguente programma: di J. S. Bach Toccata, Adagio e Fuga in do magg. BWV564 e Concerto in la min. BWV593 da A. Vivaldi, di W. A. Mozart Andante in fa K616, di C. Franck II Corale in si min. e Final in sib, op. 21. Bis, parte del corale “Ach bleib bei uns, Herr Jesu Christ” BWV649 dalla raccolta Schübler.

Abside con canne di facciata
Perché ho avuto l’impressione di rivedere tutta la mia vita in questo concerto? Innanzitutto perché non entravo in quella chiesa da almeno dieci anni. In quella chiesa ho mosso i primi passi nella musica quasi 20 anni fa, entrando nella corale. Su quell’organo, un Tamburini a 3 tastiere, ho messo le mani (ed i piedi) per la prima volta grazie alla disponibilità dell’ex organista titolare. Su quell’organo, ripensato completamente da quello che sarebbe diventato il mio insegnante “clandestino”, mi feci sentire da lui per la prima volta, nonostante fossi fasciata e dolorante per una caduta in bici la mattina stessa. Quei banchi sono stati testimoni silenziosi di anni di preghiere, crisi, meditazioni e speranze, non solo per quanto riguardava la mia vita musicale, ma anche per quella scolastica e sentimentale. Il programma, poi, mi è sembrato una rappresentazione dei miei trent'anni passati: Bach con gusto italiano come la mia vita in Italia ma con lo sguardo rivolto alla Germania, il breve brano di Mozart come i miei leggeri ma istruttivi 3 anni a Vienna, infine Franck (di origine belga) come il mio inizialmente triste impatto in Belgio e successivo cambio di prospettiva. Il fatto che il corale del bis fosse lo stesso inviato con gli auguri di Pasqua via mail (onorata dal fatto di aver “ispirato” l’idea) ha rafforzato la mia personalissima interpretazione. Ho rivisto tutto con gli occhi di adesso. Qualcosa è immutato, qualcosa nuovo, ma io sono diversa.


Torno, invece, a parlar di musica, tralasciamo il coinvolgimento emotivo e l'interpretazione romantica. Non sono stata delusa, sebbene il programma fosse abbastanza a misura di turista tedesco di passaggio, quindi includendo brani mediamente celebri per persone appassionate del genere. Bach limpido come raramente si ascolta ma allo stesso tempo “orchestrato” in modo magnifico, Mozart meditativo, Franck sinfonico, complesso, grandioso. Nonostante un trascurabilissimo vuoto di memoria nel Final, notato solo da chi conosceva il brano e comunque recuperato all'istante, l’intero concerto ha mostrato una maturità ed un controllo sia della tecnica sia dell’interpretazione davvero rari, specialmente in Italia. Qualcuno potrà obiettare che il mio giudizio sia di parte, visto che si trattava di un mio insegnante e di una chiesa nota. Non credo, la mia onestà intellettuale m’impedirebbe di dir bene di una cosa che non mia abbia pienamente soddisfatto. Sono estremamente intransigente, anche con me stessa. Se il concerto non mi fosse piaciuto, avrei semplicemente evitato di parlarne.

Mendelssohn passò anche dal Belgio?

Nel giorno della visita del presidente degli Stati Uniti a Bruxelles, proprio nello stesso locale ove ha tenuto un importante discorso in mondovisione, la sottoscritta è andata ad assistere ad un concerto di musica classica, grazie al generoso invito di un'amica. Parliamo del Bozar, il prestigioso centro culturale-artistico della città, e di un concerto della serie organizzata quest'anno per il decennale del Klara Festival.

Il programma di sala:
La Deutsche Kammerphilharmonie Bremen diretta da Ivor Bolton, con al pianoforte Nelson Goerner ed al violino Linus Roth, che ha sostituito il previsto Lorenzo Gatto, belga giunto secondo al Premio Regina Elisabetta del 2009, hanno eseguito musiche di Felix Mendelssohn, in particolare
- la Sinfonia n. 2 op. 52a "Lobgesang", solo la parte strumentale (1840);
- il Concerto per violino piano ed archi, opera giovanile, del 1823;
- la Sinfonia n. 5 op. 107 "Reformation" (1832).

La sala Henry Le Boeuf del Bozar, foto non mia.
È stata la mia prima volta al Bozar. Sala carina, Horta era un genio della sua epoca, nonostante non si possa minimamente confrontare con Musikverein o Konzerthaus di Vienna, la filarmonia di Monaco e Berlino, il Gewandhaus di Lipsia, la Royal Albert Hall di Londra e l'elenco sarebbe ancora lungo. Non infieriamo! L'organo, almeno, c'è, anche se sembra non venga suonato dal 1967 ed è attualmente in restauro.

mai avuto un posto così privilegiato!
Il concerto è stato piacevole, purtroppo un po' penalizzato dall'inizio con quasi un'ora di ritardo causa discorso di Mr. Obama giusto prima del concerto. L'orchestra ha mostrato notevole coesione, buona preparazione tecnica e dinamismo romantico, perfetto per Mendelssohn. Tutte le sezioni si sono distinte. I solisti all'altezza della situazione, anche se sinceramente non ho particolarmente apprezzato il concerto per violino, pianoforte ed orchestra, perché ancora troppo classicheggiante per i miei gusti. Il vibrato portato all'esasperazione dal bravo violinista non ha contribuito positivamente al giudizio sul brano. Il direttore ha evidentemente fatto un buon lavoro sullo spartito, ma non riuscivo a seguire il suo gesto. Onestamente, se avessi fatto parte della compagine, mi sarei sentita un po' persa. In alcuni momenti sembrava che fosse il primo violino a condurre, stabilendo un contatto visivo con gli altri orchestrali ed esagerando la gestualità. Primo violino di cui non sono riuscita a risalire al nome, non essendo citata (apparentemente una ragazza alquanto giovane) nel sito dell'orchestra come "Konzertmeisterin". Sono bastate le prime note di "Ein feste Burg" per ritrovare l'unità, almeno del mio spirito con la musica che stavo ascoltando. 

Al di là del mio discutibile giudizio musicale, la serata è stata un evento esclusivo, in cui mi sono infiltrata grazie all'invio di un'amica. Non solo per il lussuoso aperitivo che ha preceduto il concerto, ma soprattutto per il posto privilegiato nella sala, da cui potevo godere un'ottima visuale sul palco. Credo che una simile fortuna non si possa ripetere, ma sicuramente il Bozar merita un'altra visita prossimamente, anche se dalla "piccionaia" che proprio economica non è (e mi fermo qui per non riattaccare con il disco "ah, quant'era perfetta Vienna!").



Mendelssohns Orgelsolomesse

Il 23 febbraio nella chiesa che ospita una delle comunità italiane della città si è tenuta una cerimonia particolare, intitolata "ridirsi sì", ossia il rinnovo della promessa di matrimonio o di fede fatta negli anni precedenti. La celebrazione era in italiano e francese, con sacerdoti belgi ed italiani. L'animazione musicale è stata curata dal coretto italiano, guidato da Cristina. Per l'occasione abbiamo introdotto cinque momenti di sola musica all'organo ed ho suonato dalla cantoria. L'eccezionalità dell'iniziativa, benché non confrontabile con i concerti o le messe musicali di cui solitamente racconto, mi ha spinto a riportarla anche qui, condividendo una riflessione a posteriori su quanto poco basti per rendere "speciale" una liturgia.

dal giornalino della parrocchia
Tenendo conto dei miei pregressi studi, della mancanza di tempo per esercitarsi, dei miei limiti tecnici  (ossia cosa ero in grado di suonare senza far rivoltare nella tomba l'autore) e del tema della giornata, ho proposto estratti dalle sonate per organo op. 65 di Felix Mendelssohn, in questo ordine:

ingresso: Sonata III, "Con moto maestoso" (ovviamente solo la prima parte, prima del fugato su "Aus tiefer Not";
dopo la predica: Sonata VI, "Andante" (Amen);
offertorio: Sonata I, "Adagio";
comunione: Sonata VI, "Andante sostenuto", prima variazione sul corale "Vater unser in Himmelreich";
finale: ahimè scontato, non dalle sonate, ma bensì una trascrizione più completa possibile della Marcia Nuziale dalle musiche di scena per Sogno di una notte di mezza estate, contentino per le coppie.


L'organo era un piccolo Kerkhoff del 1912, con 2 manuali e pedale, pneumatico, con 8 registri, tutto espressivo. Nonostante le modeste dimensioni, ammetto di aver riscoperto il piacere di suonare musiche di Franck (tra l'altro belga) su questo strumento, mentre con Bach non trovo ancora soddisfazione. Gli amanti della prassi esecutiva inorridirebbero anche a sentire Mendelssohn suonato qui, ma in chiesa ci si adatta a quel che si ha, come hanno fatto i nostri illustri predecessori.

Tornando alla celebrazione, pur se con i miei limiti musicali e se i brani "classici" erano alternati a canti meno tradizionali ed accompagnati dalla chitarra, nel complesso è stato un successo. La partecipazione è stata notevole per una piccola comunità mista come la nostra. Sicuramente musicisti professionisti e stipendiati ed una comunità educata a cantare avrebbero garantito una celebrazione di alta qualità musicale, ma l'impegno e l'entusiasmo del gruppo hanno comunque dato un buon risultato dal punto di vista liturgico. Mi auguro non resti un episodio isolato. Alla fine anche la solista ed i coristi hanno apprezzato l'accompagnamento all'organo dalla cantoria, nonostante fosse distante, in confronto alla statica e monotona tastiera digitale. L'organo a canne si conferma il re degli strumenti anche per la liturgia.


80 violoncelli

Il Conservatorio Reale di Bruxelles/Brussel ha un'attività alquanto frizzante e sa come attirare l'attenzione di giovani e meno giovani senza deludere. Ieri sera ho assistito ad un concerto davvero originale, in onore di un anziano professore. Tutto violoncello, ma non pensate all'integrale delle suite per violoncello solo di Bach. Il programma ha previsto brani di diverse epoche, arrangiamenti, trascrizioni e via dicendo per un ensemble crescente di violoncelli, partendo proprio con Bach per violoncello solo e terminando con una versione di "Tanti auguri a te" suonata da più di 100 violoncelli (gli 80 del titolo forse si riferivano agli anni del professore). Il presentatore non era il classico insegnante di conservatorio che non sa come usare un microfono, ma probabilmente un professionista della scena, che ha introdotto i vari brani con scenette comiche e battute varie.

Il tutto si è svolto nella "sala grande" del Conservatorio, una sorta di piccolo teatro con tre ordini di palchi, loggione e platea ad occupare metà sala e palco con imponente organo di fine secolo (Cavaillé-Coll) nell'altra metà sala. L'acustica nel teatro è sorprendente. Un brano (Cantilena di H. Villa-Lobos) prevedeva una cantante, una parte era a bocca chiusa, si sentivano anche i respiri. Temo che questa acustica, però, non dia il massimo con l'organo a canne, ma non ho ancora avuto modo di ascoltarlo. Magari nemmeno funziona, visto lo stato della sala. Macchie di umidità, quando non proprio veri buchi nel controsoffitto, danno un'idea di precario, trascurato, cadente. Insomma, tutta Bruxelles è un po' così, per questo non mi ci trovo, ma questo è un altro discorso. Il Conservatorio è davvero a corto di denaro e cerca sponsor. Sinceramente avrei pagato volentieri un simbolico prezzo di €5 per il concerto di ieri sera, con 600 spettatori (la capienza massima del teatro, per l'occasione al completo) non si sarebbero arricchiti ma forse qualche riparazione o una mano di bianco ci poteva stare.

buco ed umidità
Un paio di punti negativi nell'organizzazione della serata sono stati i tempi morti tra un brano e l'altro per la sistemazione di sedie e leggii per i nuovi musicisti e l'uso esclusivo del francese, essendo il Conservatorio ufficialmente bilingue (anzi, proprio separata, ma si sa, i Fiamminghi comprendono il francese, il contrario no). Tra le scenette rappresentate dal comico-presentatore, all'inizio ha mimato l'apertura ideale della porta della musica secondo varie nazionalità: francese, americana e belga. Il Belga entra da una porta girevole e senza rendersene conto esce di nuovo. Immagino che questa sia l'idea che i Belgi abbiano di se stessi: un popolo che crea problemi dove non ce ne sono e che li affronta con flemmatica rassegnazione. Mah! Al contrario, secondo me sono dotato di grande autoironia, qualità rara. Il pubblico, attento e silenzioso, ha peccato d'italianità applaudendo tra un tempo e l'altro ma è giustificabile per l'assenza di un programma di sala.

L'iniziativa nel complesso mi è piaciuta molto. Gli strumentisti erano eccellenti, minori sbavature dei più giovani si perdonano facilmente guardando la bontà del risultato generale. Pur non avendo colto le battute e le scenette tra i brani musicali, ho apprezzato l'idea. Non bisogna svecchiare la musica (come tipi come Allevi credono di fare) ma il modo di presentarla! La musica parla da sola. Un concerto serioso risulterà indigesto ai più giovani, abituati ai ritmi frenetici della quotidianità. Il rischio è di cadere nel ridicolo, il presentatore ieri sera c'è andato molto vicino, ma se avessi proposto l'integrale delle suite di Bach per violoncello solo credete che le mie amiche sarebbero venute e soprattutto rimaste fino al termine?