Mitsingen vs concerto

Nonostante stia frequentando meno concerti di quanto non facessi a Vienna, sia per impegni sia per i costi più elevati dei biglietti in città (e dove lo trovo qui un Harnoncourt a €5 posto in piedi nella sala da concerti più conosciuta al mondo?), non mi sono fatta mancare una tradizione natalizia: il Weihnachtsoratorium di J.S. Bach. Avevo ben due possibilità, andare a sentire la versione di Sigiswald Kuijken o tentare un ensemble semi-sconosciuto (per me) in Cattedrale. La prima opzione mi sarebbe davvero piaciuta, ma aveva un prezzo troppo elevato in rapporto al numero di esecutori. Non sto scherzando, apprezzo l'intento di un vate come Kuijken, ma sentire 3h di musica con 4-5 cantanti a seconda della bisogna al posto di un coro senza poter nemmeno vedere qualcosa per la modica cifra di €30 non mi sembrerebbe un buon affare. Mi compro il CD piuttosto, almeno lo posso riascoltare ogni anno. Va da sé che ho quindi optato per la seconda opzione, comunque al non economico prezzo di €20, ed è stata una piacevole e coinvolgente (capirete perché) scoperta.

Il concerto si è svolto venerdì 13 dicembre nella Cattedrale di San Michele e Santa Gudula a Bruxelles. Imponente chiesa gotica di cui sono da ammirare l'enorme organo "appeso" di lato con un miracolo dell'ingegneria e l'elaboratissimo pulpito ligneo barocco. L'orchestra La Passione, il coro Helicon, i solisti Danny Van Hoof soprano, Isabelle Everarts de Velp contralto (in realtà un mezzosoprano), Jan Caals tenore, Lieven Termont basso, ed il direttore Geert Hendrix.  Il libretto del programma oltre a contenere  il testo in tedesco e la traduzione in francese e neerlandese (le lingue ufficiali del posto), aveva anche gli spartiti (a 4v) di alcuni corali. Prima del concerto, il direttore ha preso alcuni cantanti ed ha insegnato tali corali al pubblico, auspicando nella partecipazione al momento opportuno, come ai tempi di Bach. Beh, l'esatto opposto del concerto di Kuijken! Chi ha ragione dunque?

La questione non è così semplice. A mio parere hanno ragione entrambi, uno nel ricostruire la sonorità del tempo di Bach, l'altro nel ricreare l'atmosfera del tempo di Bach. Sono approcci differenti! Nel primo caso l'uso di strumenti antichi e di contraltisti e sopranisti al posto delle donne è aderente a quelli si pensa fossero i mezzi di Bach. Nel secondo, invece, la partecipazione dei fedeli nel canto dei corali, stranoti ai fedeli luterani di lingua tedesca per 5 secoli di pratica, è una prassi assodata. Ricordiamo che le cantate in questione non sono state composte per essere eseguite tutte assieme in concerto, ma per integrare la liturgia di sei giornata festive nel periodo natalizio.

geniale firma di Bach
Personalmente ho apprezzato l'iniziativa, che ha supplito i problemi di acustica, il tempo spedito per non eccedere nella durata (nonostante solo 4 cantante, dalla prima alla terza e la sesta, siano state eseguite) e qualche indecisione di troppo nella sezione archi (viole!!! allora tutte le storie che si raccontano su di voi sono vere?!). È stato per me anche il contentino per non aver preso parte all'esecuzione di alcuna cantata bachiana quest'anno, com'era ormai diventata tradizione a Vienna nel coro della Lutherische Stadtkirche. Onestamente non ho compreso la scelta di cantare all'inizio la BWV214 "Tönet, ihr Pauken! Erschallet, Trompeten!" invece del verso "Jauchzet, Frohlocket! Auf, preiset die Tage", una spiegazione non  starebbe stata male. Il folto coro veramente bravo, la sezione legni dell'orchestra eccezionale, pure gli ottoni non sono stati da meno. Dei solisti salvo la bravissima contralto (tranne per la pronuncia tedesca), un po' meno soprano e basso, mentre il tenore forse non era in serata.

Conclusione: una piacevole serata, forse meno "perfetta" del concerto con la Petite Bande, ma sicuramente più calda e coinvolgente. Sono consapevole di non poter mai avere qui le stesse occasioni musicali di Vienna, ma per €20  e  la chiesa piena potevano almeno riscaldare la cattedrale!!!

Lo sfacelo liturgico in Italia secondo De Marzi

Esiste in Italia un'associazione di organisti (AIOC) che cerca di promuovere un contratto regolare nelle chiese a modello di quanto già realizzato in Francia ed in Germania ma anche di diffondere la cultura musicale nella liturgia. Condivido alcuni aspetti di quanto portano avanti, non tutti, sicuramente non mi ritrovo quando viene esaltato il tradizionalismo bigotto ed ignorante. Per fortuna solo poche voci seguono questa strada. Oggi, invece, mi è giunto un illuminato scritto di critica sul degrado della liturgia nella Chiesa italiana. L'autore è quel Bepi De Marzi divenuto celebre per una preghiera molto bella, ben scritta, non complessa ma non banale: "Signore delle cime". Esempio di un canto che potrebbe entrare nel repertorio liturgico, che può essere cantato da tutti ma anche da una schola, che riesca a commuovere nonostante non ci siano solisti, assoli di chitarra o armonie da ballata pop. Ecco quanto scrive:


da "Il Giornale di Vicenza" dell'11 dicembre 2013

"La messa sarà animata dal Gruppo Cantasuona". Ecco l''immagine dello sfacelo liturgico.

Animare la messa significa delegare qualcuno che in chiesa suoni e canti, con testi quasi sempre casuali, "da animazione", che vuol dire anche "da intrattenimento", mentre nella navata tutti tacciono e, per lo più, nemmeno pregano.

E questo degrado lo si può notare, ufficializzato per l''Italia intera, ogni domenica nelle due messe televisive, alle 10 su Rete Quattro e alle 11 su Rai Uno: meste processioni con chierichetti o chiericoni impacciati, spaesati nella recita, nonni-diaconi con stola a bandoliera, gruppi corali improvvisati, quasi sempre formati da voci senili che divagano sussiegose tra le canzoni da campeggio o da devozioni turistiche: le donne con l''immancabile scarpetta colorata.


immagine dal web
Testi e musiche provenienti dai repertori mistico-rock dei complessi giovanili, ma generalmente "confezionate alla bisogna", come denunciava desolatamente l''illuminatissimo, ispiratissimo e inascoltato musicista toscano monsignor Domenico Bartolucci, già direttore della Cappella Sistina, poi messo da parte dalle misteriose trame vaticane e fatto cardinale per consolazione, investitura interpretata dagli estimatori e dagli allievi come ulteriore umiliazione. È scomparso proprio in questi giorni. Era nato nel Mugello, a Borgo San Lorenzo, nel 1917. Il suo fecondo comporre percorreva l''infallibile e insuperabile tematica gregoriana.

E dopo di lui "il diluvio" con quella che è stata chiamata "la carica post-conciliare dei trecentocinquantamila": tanti sono stati, e ancora si moltiplicano impuniti, i compositori improvvisati, i versificatori con le più grottesche metafore bibliche, i chitarristi, gli zufolatori, i tamburisti da messa. Mentre gli organi a canne restano chiusi a chiave e nei Seminari diocesani, come nei conventi, non si affrontano più nemmeno i primi elementi del solfeggio. "In chiesa imperversano musiche banalissime con testi risibili, infantili", ripete amaramente Riccardo Muti.

chiesa di Vienna, perennemente vuota e fredda
nonostante l'imponente organo
Ma i musicisti e i poeti sono ormai dei solitari che intonano lamentazioni portate via dal vento della banalità. A Natale godremo con: "Gesù, Gesù, Gesù, disceso fin quaggiù, hai fatto tanta strada, riposati anche tu". E appare sempre più lontana, ormai impossibile, l'esortazione del vescovo di Vicenza monsignor Ferdinando Rodolfi che ottant'anni fa, ispirato dalla competenza, dall'entusiasmo e dalla donazione di don Ernesto Dalla Libera, diceva "Che il popolo canti!". Quale popolo, ora, con le chiese sempre più vuote?

"I morti, doppiamente morti al freddo di queste liturgie", cantava un altro inascoltato, padre David Maria Turoldo. "Risuscitò, ohò-ohò", ci è dato di sopportare anche da queste parti. Abbiamo visto il disagio del Papa ad Assisi. Davanti aveva decine di migliaia di "curiosi muti da messa turistica" mentre i fraticelli e i fratoni scottolavano beati, quasi svolanti, senza mai un canto collettivo o una preghiera diffusa. "Animava" la messa papale un gruppo invisibile, con una voce femminile che sovrastava tutto e tutti. Le musiche? Alla bisogna.

Bepi De Marzi