Musica e parole per San Giovanni

Ho detto che è esplosa la stagione dei concerti e ne ho descritto qualcuno, ma è da un po’ che non racconto di attività musicali in cui sono coinvolta in prima persona. Ho forse lasciato la musica pratica? No, non ci penso proprio. Infatti, qualche sera fa la festa della comunità cattolica di lingua tedesca (St. Paulus) si è aperta con una serata musicale offerta dall’Ökumenische Kantorei, cui faccio parte, diretta da Christoph Schlütter

Il programma
Il programma prevedeva: “Der du bist drei in Einigkeit” di M. Luther, il Salmo 98 (autore?), “Singet dem Herrn ein neues Lied” di H. Schütz, “Die beste Zeit im Jahr ist mein” di A. Mendelssohn, “Christ, mighty savior” in un arrangiamento di C. Schlütter, “Hinunter ist der Sonnen Schein” di M. Vulpius e “The Lord bless you and keep you” di J. Rutter. I brani corali erano intervallati con pezzi per organo solo (“Schmücke dich, o liebe Seele” BWV 654 di J.S. Bach e “Vesper Voluntary” di E. Elgar suonati da C. Schlütter e “Nun ist das Heil uns kommen her” di Anonimo eseguito dalla sottoscritta) e da testi poetici (“O Nacht, zwar schwarze, aber linde Zeit” di M. Buonarroti, “Rede des toten Christus vom Weltgebäude herab, dass kein Gott sei” di J. Paul ed il Vangelo del giorno sulla nascita di S. Giovanni Battista) in cui sono stati coinvolti i due sacerdoti locali (luterano e cattolico).

Come ha detto il parroco, la serata non è stata un concerto ma un vero e proprio “Gottesdienst”. In questo si riconosce la mano del luteranesimo, confessione praticata dal nostro direttore. Un concerto spirituale che attraverso musica e testi porta dalla professione di fede alla consolazione della salvezza. Musicalmente ho trovato un coro finalmente unito. La resa è stata buona anche grazie alle aggiunte straordinarie: un soprano con il marito ed la coppia di pastori luterani. Il direttore, giunto solamente quest’anno, ha avuto coraggio e determinazione, nonostante le defezioni ed i problemi d’integrazione iniziali. Sinceramente avevo qualche dubbio, perché il programma ci è stato reso noto all’ultimo minuto e non avevo nemmeno idea di cosa avrei dovuto suonare e quando avrei dovuto accompagnare il coro (il repertorio contemporaneo non era a cappella). Credevo che i Tedeschi fossero sempre iper-organizzati, con programmi decisi mesi prima, invece anche loro conoscono “l’ultimo momento” e l’improvvisazione. Il risultato è stato davvero ottimo, grazie anche all’acustica della cappella, nonostante sia una costruzione moderna. Al solito, il pubblico era scarso, ma almeno era più numeroso del coro, non come all’ultimo concerto. Non vedo l’ora di ricominciare l’attività corale l’anno prossimo, con un nuovo ricco programma! Un sentito grazie a Christoph per la bella possibilità e per aver infuso fiducia in tutti noi.

Piccola nota a piè di pagina. Questo è stato il mio primo “concerto” in una chiesa tedesca, con pure il mio nome (ingiustificatamente) in locandina. Dico ingiustificatamente perché ho suonato una minima parte rispetto al direttore e perché avrei preferito continuare a rimanere un’anonima corista che all’occorrenza sa dove mettere mani e piedi. Dopo il concerto si è svolta una grigliata collettiva, cui era invitato anche il pubblico. Ovviamente con una scusa me ne sono andata. Mi sarei sentita in imbarazzo. Sono stati gentilissimi ad accogliermi, pur se non tedesca e nemmeno in grado di esprimersi correttamente nella loro lingua, ma resto una straniera, un’intrusa per il solo amore della musica.

Madrigali di primavera

Con giugno è letteralmente esplosa la stagione dei concerti. Ve ne sono così tanti che mi è impossibile andarne a sentire più di due a settimana, sia per i costi (gratis qui c’è solo la fastidiosa musica nelle stazioni metro) sia per il sovrapporsi d’impegni. Per quest’ultimo motivo ho dovuto rinunciare ad un concerto in conservatorio con musiche di Brahms e Bruckner per coro e pianoforti (uhm… trascrizioni, presumo) ed uno all’Istituto Italiano di Cultura per tiorba e voce. Domenica sera, invece, sono finalmente riuscita a sentire i Brussels Madrigal Singers. L’occasione è stata data dall’invito di una corista tedesca, conosciuta nel coro ecumenico che frequento, che sta per tornare definitivamente in Germania con la famiglia. Ottima scusa per vincere la pigrizia ed attraversare la città per sentire quest’ottimo coro nella Chiesa di Scozia, St. Andrews.
Il programma ha previsto una selezione di brani rinascimentali e barocchi, con brevi incursioni nel romanticismo e nella contemporaneità. Pur prediligendo la musica inglese, non si sono dimenticati di quella tedesco, francese ed italiana, con testi pronunciati correttamente (il vantaggio di avere coristi che di professione fanno gli interpreti o che vengono da diverse parti del mondo). Quasi ogni brano è stato brevemente introdotto da alcuni aneddoti raccontati dal direttore, in inglese, per inquadrare il momento storico. Per dare un po’ di respiro ai coristi, a metà concerto il direttore, l’americano Julius Stenzel, si è esibito alla viola da gamba a 5 corde con tre movimenti della Sonata n.2 in la minore per violino solo BWV 1003.
Nonostante il coro annoveri elementi alquanto anziani, benché rodati, l’ingresso recente di nuove e giovani voci ha sicuramente rinfrescato l’ambiente. Il direttore è uno studioso dalla vasta cultura. I brani erano curatissimi, sia nell’intonazione, sia nella resa dei madrigalismi. L’acustica della piccola chiesa era perfetta, né troppo rimbombante come le grandi cattedrali (effetto che aiuta a coprire piccoli difetti come le chiuse o le partenza sfasate tra coristi) né troppo secco (come in conservatorio o in altre sale da concerto, mettendo alla berlina persino i respiri tattici). Peccato ci fosse poca gente. I coristi (18 in totale) erano più numerosi del pubblico presente (ca. una decina di persone). Peccato davvero!

In questo periodo ho avuto l’opportunità di vivere un’altra esperienza legata alla musica, anche se non si è trattato di un concerto. Grazie ad un gruppo internazionale, ho visitato il carillon di Sint Rombout a Mechelen e l’annessa accademia, unica in Belgio, per apprendere questo strumento. Con l'inizio dell'estate si entrerà nel vivo della stagione di concerti di carillon in tutte le Fiandre, come già raccontato nel 2013 e l'anno scorso. Era dal corso estivo di Haarlem (2008) che non vedevo la console di un carillon nordico. Essendo in qualche modo simile a quella di un organo (per la presenza di una pedaliera), non è raro incontrare organisti-carillonisti da queste parti, anche per poter forse integrare il magro stipendio da musicista di chiesa. Nel passato come oggi. Qualora restassi in Belgio, ci fare un pensierino pure io. Un piano B casomai la ricerca scientifica non mi volesse più al suo servizio.

Antichità nordiche

Nuovamente ad un concerto. Stavolta si torna alle origini, sia metaforicamente per il repertorio antico sia per lo strumento, ossia l'organo a canne. Invitata da una signora del coro ecumenico di lingua tedesca che fa parte del comitato promotore del restauro e del mantenimento dello strumento ascoltato (link al comitato e all'organo), domenica pomeriggio sono andata a sentire uno dei concerti della serie per la stagione 2014-2015.

Prima del restauro.
L'organista Cindy Castillo ed il mezzosoprano Joëlle Charlier hanno proposto una selezione di brani di Sweelinck (solo organo, Pavana lachrimae, Variazioni su "ma jeune vie a une fin" e Fantasia Cromatica) e di Dowland (canto e b.c., "Come again: sweet love", "Is that a sinner's sighs", "Weep you no more, sad fountains", "Say love if ever thou didst find", "What if I never speed?", "Sorrow stay", "Were every thought an eye" e "Flow my tears"), intitolando il concerto "sweet melancholy".

Indeed! Testi e musiche di una tristezza infinita, senza speranza. Le due ragazze, al contrario, manifestavano gioia ed entusiasmo da ogni poro. Molto bella la voce del mezzosoprano, anche se talvolta sopraffatta dall'accompagnamento, e soprattutto molto espressiva. Davvero brava! Ovviamente da organista sono più critica verso una collega, che però ha fatto un ottimo lavoro nei brani per strumento solo, mostrando tutte le possibilità sonore dello strumento, il cui temperamento mesotonico rende particolarmente appropriato il repertorio scelto. L'ho apprezzata meno nell'accompagnamento, sia perché troppo presente in alcuni momenti e sia nella scelta dei registri. In particolar modo non ho trovato opportuno l'uso del tremolo meccanico. Meglio il semplice bordone, a mio parere. I brani sono stati introdotti da lunghi discorsi (esageratamente lunghi e pieni di aneddoti, forse per alleggerire l'atmosfera altrimenti piuttosto cupa), solo in francese. Inutile dire che la cosa non mi sia risultata particolarmente gradita.

La chiesa di Saint Denis è l'ambiente ideale per i concerti. L'acustica è perfetta, né troppo secca né troppo riverberante. L'organo è in una posizione ottimale. Peccato che l'edificio sia malandato e che la zona circostante non propriamente tenuta a dovere. Lodevole il lavoro fatto per far tornare in vita e mantenere lo strumento. Purtroppo il pubblico era quasi esclusivamente costituito da anziani locali. L'evento diffuso su un social ha attirato solo altri due compagni di concerti che con me hanno abbassato un po' l'età media dei partecipanti. La signora tedesca che mi ha fatto conoscere l'evento mi ha proposto di provare lo strumento e di magari farci un concerto assieme in futuro (suona il flauto traverso). Beh... magari! Non ho un cv musicale confrontabile con quello delle interpreti di stasera, ma ci metterei tutta la mia buona volontà. Ovviamente se fossi ancora a Bxl per quell'ipotetica data.

Chitarra d'arte

Gli organisti, me compresa, sono piuttosto prevenuti verso i chitarristi, perché la nostra esperienza è quasi esclusivamente limitate ai “gratta-formaggio” che popolano le chiese, ossia dilettanti che strimpellano accordi cercando di accompagnare canti amusicali durante una liturgia già penosa di suo. Eppure la chitarra è uno strumento fantastico! Permette di suonare deliziose polifonie come di fare melodia ed accompagnamento da sola. È uno strumento trasportabile che ha conquistato il cuore della musica “popolare”, ma non è affatto facile da suonare come credono i gratta-formaggio. In questi giorni a Bxl si tiene un festival internazionale di chitarra ed ho avuto il piacere di ascoltare il primo concerto della serie, assieme ad un'amica chitarrista.

Il programma comprendeva il chitarrista canadese Thierry Bégin-Lamontagne, il flautista belga Denis-Pierre Gustin (doveva essere in duo con un chitarrista che però ha dovuto annullare la sua partecipazione causa problemi alla mano) ed infine il Brussels Chamber Choir, diretto da Helen Cassano, accompagnato alla chitarra da Pedro da Silva Soares. Il primo è un giovane talento che ha mostrato la sua arte con brani antichi, classici, moderni e contemporanei (Valse vertigo). Nonostante qualche minima sbavatura, che ne ha mostrato l'umanità, e l'inappropriata pubblicità al proprio cd (la gente l'avrebbe trovato comunque al termine del concerto), la sua esecuzione è stata mirabile. È riuscito a far cantare lo strumento in tutti i generi affrontati. La parte centrale del programma è stata limitata al flauto solo causa la defezione del chitarrista accompagnatore e questo ha inficiato il repertorio. L'esperto e virtuso Gustin ha proposto brani molto tecnici, mostrando una precisione impressionante ed un ottimo suono in tutta l'estensione dello strumento, ma temo che il pubblico si sia un po' annoiato a sentire studi e scale. L'ensemble che si è esibito per ultimo ha proposto una selezione di brani dal  "Romancero Gitano" del nostro Mario Castelnuovo-Tedesco, autore ingiustamente poco noto. Molto belle le musiche. La direttrice ha saputo sapientemente armonizzare le voci e la chitarra, ma purtroppo la freddezza ed il calcolo anglo-belga hanno davvero fatto perdere la spontaneità ed il naturale calore di testo e musica. Peccato!

La serata era ospitata nell'Espace Magh, ove figura un teatro piuttosto carino. L'acustica troppo secca ha obbligato gli organizzatori ad amplificare (e riverberare) i musicisti, generando qualche problema tecnico che avrebbe potuto essere riscolto con una prova audio prima del concerto, evitando scenette imbarazzanti con i fonici a scavalcare balaustre e cambiare microfoni. C'erano pure due presentatori, uno dalla loquacità impressionante, in francese, ed una signora che avrebbe dovuto tradurre tutto in neerlandese ma si perdeva dei pezzi. Se nel complesso ho apprezzato molto la serata, l'organizzazione evidentemente "casalinga" e gli interpreti emergenti (tranne il navigato flautista) non hanno certo giustificato il costo del biglietto (€15+€2 di spese). I concerti, anche quelli senza pretese, restano a Bxl una sorta di lusso.

Studio 4 e Schumann

C'è un imponente edificio in art deco che si affaccia su Flagey, si tratta della vecchia sede della radio belga. Dopo aver rischiato l'abbattimento, è stato recuperato ed ora ospita in continuazione rassegne musicali e cinematografiche. Ieri sera ho avuto modo di entrare nel mitico Studio 4, ove troneggia un organo (apparentemente il più grande del Belgio) semi smantellato ma che il mio maestro suonò, per sentire la prima serata di due programmate con l'integrale delle Sinfonie di Robert Schumann.

Il concerto di ieri prevedeva la Sinfonia nr. 1 in sib maggiore, detta la Primavera, la Fantasia in do maggiore per violino e orchestra op. 131 e la Sinfonia nr. 4 in do minore, eseguite dall'Orchestra de la Monnaie, diretta da Frank Beermann e con la partecipazione della violinista Saténik Khourdoian.

Orchestra ben rodata ed unita, di dimensioni rispettabili (ben 6 contrabbassi e 4 corni), violinista talentuosa, direttore navigato. C'erano tutti gli ingredienti per una serata eccezionale. Qualcosa, però, non mi ha convinto. La musica. Non ho alcuna familiarità con la musica sinfonica di Schumann, forse perché ogni tentativo di ascoltare una sua sinfonia mi ha lasciato con un leggero amaro in bocca. Non la capisco. Non posso dar sempre la colpa agli interpreti. Ci sono tratti che richiamano lo slancio romantico di un Mendelssohn, altri la forza di un Beethoven, altri ancora anticipano la solidità di un Brahms, ma nell'insieme mi dà l'impressione di mancare di qualcosa. Si tratta di gusti personali. L'orchestra ha fatto un ottimo lavoro, pur se con un'interpretazione un tantino scolastica. Degna di nota la giovane solista, che ha concesso un bis con l'intenso Recitativo e Scherzo di Kreisler, anche se pure in questo caso la prodigiosa abilità tecnica ha prevalso un po' sull'interpretazione.

Ciononostante questo concerto ha rappresentato un'occasione da ripetere. La sala ha un'acustica perfetta anche nella III balconata, pur se a mio parere risulterebbe troppo secca per l'organo. L'evento, organizzato da un gruppo internet, mi ha permesso di conoscere altri appassionati di musica con cui andare per concerti. Per qualche momento mi è sembrato di fare un salto negli anni '60-'70, all'auditorium della RAI di Torino. Purtroppo anche lì sono riprese le stagioni concertistiche ma l'organo funge da mera decorazione. Ennesima conferma della forte similitudine tra Italia e Belgio.

War and Peace, Darkness and Light

Guerra e Pace, Tenebre e Luce. Questo il titolo di un concerto per ricordare la I Guerra Mondiale tenutosi sabato scorso nella chiesa cattolica tedesca di Bxl, Sankt Paulus. La prima del concerto era stata nel maggio 2014, ma visto il successo hanno pensato bene di ripetere l’iniziativa. Un coro creato appositamente e comprendente elementi tedeschi, belgi e britannici (a rappresentanza delle nazioni coinvolte nel conflitto) era diretto da Geert Hendrix ed accompagnato al piano ed organo da Wannes Vanderhoeven ed al violoncello dalla giovane Sarah Van Laere e con la partecipazione del soprano Anneli Harteneck.

Il programma era vario e ben strutturato: prima parte "Guerra", con "The spirit of the Lord di E. Elgar, "Timor et tremor" di F. Poulenc e "Hör mein Bitten" fi F. Mendelssohn; seconda parte "Ricordo" con la poesia "Aux soldats morts" di E. Verhaeren, la Sarabanda dalla V suite per violoncello solo di J.S. Bach e "Introitus" di M. Lauridsen; terza parte "Pace" con la preghiera "Verleih uns Frieden gnädiglich" nelle versioni corali di H. Schütz, F. Mendelssohn e H. Distler, con a seguire un'improvvisazione all'organo su "Dona nobis pacem"; quarta parte "Luce" con "Lux aeterna" di V. Nees, "Wohl mir, dass ich Jesum habe" dalla BWV 147 con solo violoncello ed organo, "Ubi caritas" di M. Duruflé, "Beati quorum" di C. V. Stanford, un estratto dalla poesia "Den Frieden lehren" di H. D. Hüsch e per finire "Wie lieblich sind deine Wohnungen" dal Requiem di J. Brahms. Non ci sono stati applausi tra le sezioni. All’inizio il parroco cattolico tedesco ha introdotto il concerto, simbolicamente accendendo una candela di speranza. Al termine, come da tradizione belga, verre dell’amitié, a bretzel e vino, visto che si trattava della chiesa tedesca.

Ho gradito molto questo concerto. La scelta del repertorio è stata molto curata. L’alternanza di stili, di epoche e di lingue, con i piccoli intervalli dati dalla lettura di poesie e da brani strumentali, ha reso piacevole il tutto. La qualità del coro, per essere amatoriale, era molto buona. Vi faceva parte anche il nostro Kantor e due soprani professionisti, quindi immagino che anche gli altri siano passati attraverso delle selezioni. Intonazione buona, qualche piccola e trascurabile sbavatura negli attacchi, ma l’attenzione al testo ed al fraseggio si facevano sentire. L’accompagnamento sempre discreto ma presente, da persone esperte. Sinceramente l’improvvisazione organistica su “Dona nobis pacem” non mi ha entusiasmato, troppo scolastica, inoltre ha svelato problemi d’intonazione dello strumento che andrebbe risistemato (lo so perché lo suono talvolta a messa e recentemente sono saltate fuori anche piccole magagne tecnica, probabilmente in parte dovute all’uso del riscaldamento). Alla fine l’ennesima dimostrazione di come si possano compiere meraviglie musicali anche senza ricorrere a grandi nomi, ma semplicemente con la buona volontà ed un minimo di preparazione.

Carmina Burana all'università

Marzo musicale a Bxl, è proprio il caso di dirlo. Giovedì sera sono andata a sentire i Carmina Burana di Carl Orff in un'aula della Vrije Universiteit Brussel, ossia l'università fiamminga ove lavoro. Ovviamente, trattandosi di un'università massonica in una città massonica, la scelta non poteva ricadere che su questo repertorio, come pure sottolineato nell'introduzione da parte del vice-rettore e di un professore del locale conservatorio.

Senza cavalletto, chiedo venia.
La versione presentata era per due pianoforti, ensemble di percussioni, solisti e coro. Il coro, piuttosto imponente a vedersi ma naif e debole vocalmente, era formato da studenti del Conservatorio Reale di Bxl e del Kunsthumaniora. Ai pianoforti la giapponese Kanako Ninomiya ed il belga Nicholas Van de Velde. L'ensemble di percussioni comprendeva cinque studenti del conservatorio, molto bravi nel gestire un'orchestra di percussioni intera. I solisti erano il baritono brasiliano Bruno Resende, onestamente insascoltabile ed inguardabile per le espressioni buffe che faceva, il tenore brasiliano Raphael Freitas, passabile, ed il soprano belga Esther Kouwenhoven, dalla voce molto bella e curata anche nei pianissimo. Il tutto diretto da David De Geest, giovane direttore d'orchestra, con un gesto manierista e teatrale ma almeno chiaro e comprensibile.

Tutti interpreti molto giovani e per questo forse non ancora maturi abbastanza per una composizione simile. Il coro se l'è cavata in qualche modo con l'intonazione, ma per il resto era da mettersi le mani nei capelli! Nessuna ricerca del suono, nessuna espressività, nemmeno testuale, nessun entusiasmo. Un numero impressionante di giovani vestiti di nero per un suono appena udibile e paragonabile ai coretti di bambini delle parrocchie italiane (niente a che vedere con i cori di bambini tra Germania e Regno Unito). Potrei dire lo stesso dei pianisti, la giapponese non aveva alcuna espressività ma tecnicamente era fantastica, il belga sembrava persino annoiato dal compito. Ciononostante, merito anche della gentile compagnia che mi ha permesso di commentare nella mia lingua, la serata è stata molto piacevole. Esecuzione casalinga ma effettivamente si trattava di testi goliardici scritti da studenti con poca voglia di studiare, odio per la Chiesa (particolare sempre sottolineato alla VUB, in contrasto con l'Università Cattolica di Leuven) e passione per il bere e per altre "gioie" della vita.