La cantata al suo posto

La vita mi ha dato una nuova occasione per sentire una cantata di J.S. Bach eseguita durante la liturgia nella Kaiser-Wilhelm-Gedächtnis-Kirche a Berlino e per riascoltare la BWV 55 dopo l’esecuzione in concerto nella chiesa tedesca di Brussel/Bruxelles. Dunque, eccomi nuovamente a Berlino, sempre di passaggio. Il Bach Chor era diretto da Achim Zimmermann, all’organo Renate Wirth, tenore solista Nico Eckert.

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Il culto era in forma breve, con la sola liturgia della Parola. All’inizio l’organista si è esibita nella Toccata in re min. op. 59,5 di Max Reger, non senza qualche incidente di percorso (forse a causa del girapagine). L’acustica è ottimizzata per il coro e l’orchestra posti in cantoria, ma il suono dell’organo viene letteralmente tagliato dai pannelli posti per questo scopo. Il positivo suona benissimo, il grand organo è secco e quasi “digitale” per l’artificiosità del suono in un ambiente di vetro. Nel complesso, però, l'esecuzione mi è piaciuta e la scelta era quantomai appropriata.

Tra la preghiera iniziale e la prima lettura, il coro ha eseguito il mottetto “Es werden nicht alle” di Melchior Franck. Tecnicamente buono, ma non curato, con le terribili terminazioni in -s perennemente sfasate e l’interpretazione quasi istintiva. Penalizzato comunque dal suono secco della chiesa. I fedeli hanno partecipato con il canto del credo (“Wir glauben all an einen Gott" EG183) e del corale “Nimm von uns Herr, du treuer Gott" (sulla melodia del "Vater unser" di Lutero, per chi la conosce).

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La cantata è stata eseguita subito dopo la predica, come commento alle parole del pastore. Sono stati usati strumenti moderni e lo stile generale richiamava la tradizione degli anni ’60. Onestamente avere un flauto traverso moderno ne ha valorizzato la linea. Il tenore ha dato un’interpretazione chiara al testo, mostrando di comprendere bene il tedesco (ovvio, è la sua lingua) e soprattutto il sentimento luterano. Già, perché l’omelia era proprio incentrata sulla pericolosa confidenza nella bontà di Dio Padre, che è sì misericordioso ma solo se ce lo meritiamo. Discorso tipicamente protestante, un po’ lontano dal buonismo cattolico che va per la maggiore di questi tempi. Della serie, non basta chiedere perdono a parole se ci si comporta male, prima bisogna fare di tutto per comportarsi bene e poi, se si sbaglia in quanto umani, essere veramente pentiti dell’errore. Questo atteggiamento ha profonde ripercussioni nella cultura locale, anche al di fuori della chiesa e della musica.

Tornando alle questioni prettamente musicali, credo che la collocazione naturale delle cantate di Bach, ossia durante la liturgia, in relazione con le letture del giorno, sia la migliore in assoluto. Estrapolarle dal contesto ne fa apprezzare la fine arte della composizione ma ne perde interamente il fine di commento alla Scrittura e quindi ne risente pure l’interpretazione. Lo stesso dicasi per le messe antiche, ma vale anche per Mozart e coevi, che andrebbero eseguiti durante la liturgia, al loro posto. Cosa che capitava di sovente a Vienna, nella chiesa cattolica, ma che raramente ho sentito al di fuori di questi ambienti.

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