Giovani bachiani brussellesi in concerto

Chiesa tedesca, musica tedesca. Combinazione perfetta per una sonnacchiosa domenica pomeriggio in una Brussel/Bruxelles già autunnale. Il programma prevedeva la Capella Bruxellensis cimentarsi con la cantata per tenore solo “Ein Jammerton, ein schluchzend Ach” TWV 1, 424 di G.Ph. Telemann,  la II suite per orchestra in si min. BWV 1067 e la cantata per tenore solo “Ich armer Mensch, ich Sündenknecht” BWV 55 di J.S. Bach. Solisti il tenore Pieter De Moor e la flautista Sien Huybrechts, ma degni di menzione anche gli altri giovani interpreti: Ann Cnop e Jee Hye Lee ai violini, Benjamin Lescoat alla viola, Ronan Kernoa al violoncello, Christine Sticher al violone, Benoit Laurent all'oboe e Anthony Romaniuk al basso continuo (cembalo ed organo). Ingresso €15. Veramente un po’ caro per un’oretta di concerto ma visto che non si paga alcuna Kirchensteuer in Belgio, spero di contribuire così anche al buon funzionamento della chiesa di lingua tedesca ed al sostegno della musica classica fatta dai giovani.

Acustica leggermente imperfetta, complessa gestione degli strumenti d'epoca per cui il tenore ed il flauto traverso risultavano talvolta coperti e soffocati dall'onnipresente clavicembalo o dagli archi, che in più di qualche occasione hanno avuto qualche problema d'intonazione, ma nel complesso una piacevole armonia barocca ha invaso l'ultramoderna cappella di Sankt Paulus. Telemann e l'Ouverture sono state accompagnate al cembalo (uno strumento Hungerberg molto bello, con il "coperchio" finemente dipinto), mentre per la cantata bachiana si è preferito l'organo (lo strumento della chiesa, un due manuali meccanico piuttosto recente, di modeste dimensioni - ca. 8 registri - ma ben fatto). Il continuista era davvero eccessivamente presente in Telemann (magari chiudere il coperchio?), oscurando l'impressionante bravura della flautista, che non solo ha mostrato ottima abilità tecnica ma anche una particolare sensibilità. Degni di nota anche l'oboista (perfetto), il tenore (per la partecipazione emotiva in cantate dal tema alquanto profondo) ed il violoncellista. Molto brava anche il primo violino, ma a mia impressione un po' troppo meccanica. Bis scontatissimo con la Badinerie. Alla fine "bicchiere dell'amicizia" come si usa qui e nei paesi di lingua tedesca. Pubblico anziano, scarso (massimo 40 persone), ma di qualità.

I concerti vanno un po' cercati a Bxl. Non perché non ve ne siano, ma perché le proposte dell'Opera e del Bozar sono spesso troppo costose per repertori ed interpreti che non mi attirano particolarmente. Anche i concerti nelle chiese vanno cercati. Scarsa pubblicità e costi alti per manifestazioni musicali in posti talvolta scomodi da raggiungere. Così mi sono persa un paio di concerti d'organo a Saint Servais ed uno sul celebre organo Chant d'Oiseau, entrambi un incubo con i mezzi pubblici di sera in settimana. La chiesa tedesca, al contrario, dà una certa garanzia, pur se con sporadiche esibizioni. Poi si viene ricompensati con qualche ora di piacere culturale, non interrotto o accelerato dall'esigenza della messa vespertina o disturbato dalla solerzia inopportuna del sagrestano di turno, come invece ho avuto modo di sperimentare più di qualche volta nelle chiese venete. Sembra più facile incorrere casualmente in manifestazioni musicali in città come Anversa, Bruges e Mechelen. In ogni caso, bisogna saper dove cercare ed avere il tempo per farlo, al contrario di Vienna ove, bisogna dirlo, c'era solo l'imbarazzo della scelta.

Pioggia ed Arco Baleno

Stavolta il correttore automatico non c'entra, volevo scrivere proprio Arco Baleno, ossia il nome di un interessante ensemble strumentale che ho ascoltato in una sera di pioggia a tratti. Ieri sera un'amica mi ha offerto l'opportunità di tornare nella magnifica Bruges/Brugge con la sua famiglia per un concerto vivaldiano nella chiesa dell'antico Beghinaggio. L'occasione e la compagnia era troppo attraenti per rifiutare.

La locandina:
Concerto in la minore RV 356 da L'Estro Armonico per violino, archi e b.c.
Concerto grosso in re maggiore RV 511 per 2 violini, archi e b.c.
Concerto in do maggiore RV 443 per piccolo, archi e b.c.
Concerto in sol minore RV 317 per violino, archi e b.c.
Concerto in re maggiore "il Gardellino" RV 428 per piccolo, archi e b.c.
Concerto grosso in la minore RV 522 da L'Estro armonico per 2 violini, archi e b.c.
Peter Verhoyen al piccolo
Dirk Lievens violino solista
Ann-Sofie Vande Ginste, Gudrun Verbanck e Liesbet Jansen violini
Kaat de Cock viola
Marijke Gonnissen violoncello
Jan Verheye contrabbasso
Guy Penson clavicembalo

Il concerto era di promozione al loro cd contenente una selezione di concerti per archi di Vivaldi, difatti al termine dell'esibizione hanno offerto un piccolo rinfresco pubblicizzando in maniera molto delicata anche le altre loro incisioni,   il tutto in una rilassata atmosfera familiare. Gli interpreti sono stati magistrali, poche sbavature (soprattutto in RV 511) ed una coinvolgente interpretazione. Forse un tantino "sentimentale" in alcuni passaggi, a partire dalla scelta del brillante ottavino al posto del tradizionale sopranino, ma per questo ancora più godibile di una fredda e leggera ripetizione di suoni da parte di esecutori un po' troppo zelanti nella prassi esecutiva. Bisogna anche ammettere che Vivaldi si presti a questa doppia interpretazione: mera esibizione di perfezione tecnica o leziosità virtuosistica per attirare gli applausi. In ogni caso, questo gruppo strumentale esegue repertorio di vario tipo e non si è specializzato in un unico genere. L'ensemble era guidato dal violino solista, ma in alcuni momenti ho notato una certa incertezza da parte degli altri ad interpretare le sue intenzioni. Al termine del concerto questi ci ha messo a parte che hanno dovuto subire una sostituzione all'ultimo momento causa indisposizione. Questo forse spiega il leggero spaesamento. In ogni caso, è valsa la pena dei €10 del biglietto e del viaggio in auto, fosse solo per le doti non solo tecniche di Peter Verhoyen: quando c'era lui in scena il resto del gruppo diventava un soffice tappeto sonoro. Davvero una piacevole serata, quasi come essere entrati nel salotto di questi signori che si divertono a far musica assieme.

MIM ovvero minimo in mostra

Qualche settimana fa sono finalmente riuscita a visitare il celebre Museo degli strumenti musicali a Bruxelles-Brussel. L'edificio è uno dei più belli in città, nonostante fosse stato progettato come magazzino. Sarà che poco è rimasto di quella bella epoca di gusto architettonico. Vi sono andata con una collega dell'università che suona il sassofono, giusto in occasione della mostra speciale dedicata ad Adolphe Sax per il bicentenario dalla nascita.

Il museo è strutturato in sale tematiche. Partendo dal semi-interrato, ove si trovano gli strumenti automatici e quindi la storia della riproduzione musicale, passando ai piani superiori dedicati rispettivamente agli strumenti della musica occidentale, agli strumenti di altre culture del mondo e alle geniali invenzioni in campo musicale di Adolphe Sax. L'edificio ospita anche un negozio, una mostra sulla storia dello stabile ed infine un ristorante dotato di terrazza sul tetto da cui si gode una spettacolare vista sulla città. Il biglietto, €12, comprende l'audioguida, con esempi musicali da alcuni degli strumenti in mostra.

Impressione finale: insomma. La mostra è molto ricca ma gli strumenti sono solo esposti, senza alcuna spiegazione sull'evoluzione tecnica dall'uno all'altro o sulle scuole di costruttori o sui materiali o sulla produzione del suono, etc. L'audioguida non contiene nemmeno informazioni sul brano in ascolto. L'organo a canne non è minimamente considerato, ovviamente, se non nelle versioni orchestrali automatiche. Non c'è una sola sezione o immagine dell'interno di uno strumento. Paradossalmente un visitatore si potrebbe domandare come mai clavicembalo e pianoforte sembrino simili ma abbiano suoni differenti. Nessuna menzione dell'evoluzione dei temperamenti. Non c'è nessun custode nelle sale, né alcuna dimostrazione è programmata. Solo la mostra su Sax era completa di note biografiche, curiosità ed informazione sui brani e sugli esecutori.

Non ho una grande esperienza di musei di strumenti musicali. Il confronto è con quello di Berlino, piccolo ma molto curato, la sezione del Deutsches Museum di Monaco, più focalizzata sulla tecnica degli strumenti con dimostrazioni quotidiane e meccanismi da provare, e la mostra del Kunsthistorisches Museum di Vienna, ove delle tastiere (non digitali, tipo "spinette") permettevano ai visitatori di sperimentare i vari temperamenti. Il mondo tedesco ha un approccio diverso alla musica, forse più tecnico-analitico, però vedere strumenti musicali in vetrina come fossero quadri è per me limitante e limitato.

Gita organistica

D’estate le Fiandre si vestono di musica. Dopo il carillon, mi sono concessa un concerto d’organo all’interno di una sorta di festival in tutte le Fiandre Occidentali. Domenica ho preso un paio di treni fino a Kortrijk, cittadina che non conoscevo e che è nota per una battaglia del 1302 quando i locali fiamminghi vinsero il borioso esercito francese, per sentire una mia “vecchia” conoscenza, Mithra Van Eenhooge.

Il concerto si è svolto alle 16:30 nella chiesa di San Martino, su uno strumento Schyven del 1887, con 3 manuali e 43 registri, rimaneggiato ed elettrificato nel 1954 dalla Loncke. Il programma comprendeva: “Cortege” e “Berceuse” dai 24 Pezzi in stile libero di L. Vierne; “Improvvisazione corale su Victimae Paschali” di Ch. Tournemire, trascritta da Duruflé, il II Corale di C. Franck, “Intermezzo” dalla IV Sonata per organo di J. Rheinberger, “Litanies” di J. Alain, “Dominica ad Vesperas” di B. Luyckx ed una trascrizione di “Satyagraha” di Ph. Glass. Il brano “Dominica” è stato composto proprio per l’occasione. Ho perso l’ultimo pezzo per recuperare un treno che mi riportasse a casa prima della “scadenza” del biglietto. Dei brani poetici sono stati letti tra i vari brani musicali.


Ho conosciuto Mithra nel 2008, alla scuola estiva di Haarlem. Era l’unico belga, da Brugge-Bruges, il primo che abbia mai incontrato non avendo un’idea precisa di dove fosse il Belgio. E chi avrebbe previsto che sei anni più tardi avrei assistito ad un suo concerto da residente sul territorio? Onestamente all’epoca nemmeno pensavo di emigrare. Tornando al concerto, i tempi sono stati alquanto svelti, sottolineando il virtuosissimo di alcuni brani, ma la dimostrazione di agilità non era fine a se stessa. Il senso musicale prevaleva sempre e l’acustica del luogo così come il tipo di registri dello strumento sono stati rispettati. Certo, non c'era la maturità e la completezza sentita in F. Finotti, ma il ragazzo è sulla buona strada. Onestamente non ho trovato particolarmente interessante la composizione di Luycks, mi ha ricordato un’improvvisazione piuttosto standard, in linea con la moda di qualche anno fa. Mi sarei aspettata qualcosa di diverso da un così giovane compositore. Lo strumento non era nulla di eccezionale ma un buon romantico, con un piacevole impasto di fondi ed ance. 


La cosa buffa è stata ricevere un foglio per dare i voti al brano di Tournemire, alla composizione contemporanea ed al concerto in genere. Ci sarà un premio per l’organista con il punteggio più alto. Sarà un tentativo di fidelizzare il pubblico alla serie di concerti, ma mi sembra scorretto nei confronti degli organisti, penalizzando chi ha coraggio di proporre musica “nuova” rispetto a chi suona in modo tradizionale brani stranoti, magari nemmeno consoni allo strumento, all’ambiente o all’occasione. Non si tratta di un esame in conservatorio. I voti vanno anche a gusti personali.

Il carillon di Mechelen

Durante il periodo estivo le Fiandre sono investite da un vento musicale, quello delle campane delle torri più alti di chiese e municipi. L'anno scorso a Grimbergen, mentre ieri sono andata ad uno dei concerti di quest’anno, a Mechelen, un grosso centro, storicamente molto importante, a metà strada tra Bxl e Anversa. I carillon di Mechelen sono famosi, sia per l’accademia musicale ove tale strumento è insegnato, sia per il concorso internazionale di carillon Regina Fabiola.

Il campanile più famoso è quello della cattedrale di Sint-Rombout, ma ieri ho sentito le campane della chiesa Nostra Signora sulla Dijle (Onze-Lieve-Vrouw over Dijle). La chiesa, seconda per grandezza a Mechelen, è davvero imponente. È dotata anche di un bell’organo, racchiuso in una magnifica cassa settecentesca. Il carillon è composto da 50 campane, per un peso totale di 9123 kg, intonate secondo il temperamento equabile con il La1 a 440 Hz. Purtroppo non avevo il programma, ho riconosciuto solamente la trascrizione da un qualche concerto del periodo galante, delle variazioni sulla Follia, dei brani tardo-romantici ed un finale quasi jazz. Il carillonista era il titolare di questa chiesa, Tom Van Peer, un giovane non vedente, talentuoso carillonista,. Ho intuito che avesse un background pianistico prima di leggerne la biografia. Strumentista davvero straordinario! Non solo per l'abilità virtuosistica, ma soprattutto per l’attenzione al fraseggio e all’espressività, due aspetti davvero difficili da controllare con un carillon (vi ricordo che non si suona con le dita, ma con i pugni!). Ho provato a registrare un piccolo video del primo brano, ma il vento e l'inesperienza non hanno aiutato.


Dopo un’ora di concerto, dato il vento gelido e leggermente amareggiata dal fatto di essere stata apparentemente l'unica interessata all'esibizione, ho preso la via del ritorno, rimandando ad occasioni migliori la visita alla città. Allontanandomi dalla chiesa ho sentito un applauso. Ho così scoperto che una decina di persone era riunite in un cortile con tanto di schermo per vedere il carillonista. Che delusione! Non tanto per la tardiva scoperta, quando per la stordita che stava in chiesa che alle mie domande sul concerto aveva risposto sorpresa consigliandomi di tornare l’indomani (domenica) per chiedere informazioni al don. Manco un cartello avevo messo in chiesa o al suo esterno! La disorganizzazione belga ha colpito nuovamente la sottoscritta. Anche le cose belle mi lasciano l’amaro in bocca per colpa di scarsa organizzazione. Viziata dai paesi di lingua tedesca, direi che qui facciano tutto sempre a metà, non si capisce se per pigrizia, incompetenza o semplice noncuranza. Peccato!

Ritorno al passato remoto

Il mio abituale ritorno a casa per le festività pasquali è stato segnato da un concerto particolare. Un tuffo nel passato remoto ed un riassunto di tutta la mia vita. Queste le sensazioni che ho avuto, anche se il concerto in sé è stato un semplice concerto d’organo.

Per dovere di cronaca, la locandina.
Lunedì 21 aprile, alle 17, concerto d’organo nella chiesa di San Lorenzo di Abano Terme (Padova) con Francesco Finotti con il seguente programma: di J. S. Bach Toccata, Adagio e Fuga in do magg. BWV564 e Concerto in la min. BWV593 da A. Vivaldi, di W. A. Mozart Andante in fa K616, di C. Franck II Corale in si min. e Final in sib, op. 21. Bis, parte del corale “Ach bleib bei uns, Herr Jesu Christ” BWV649 dalla raccolta Schübler.

Abside con canne di facciata
Perché ho avuto l’impressione di rivedere tutta la mia vita in questo concerto? Innanzitutto perché non entravo in quella chiesa da almeno dieci anni. In quella chiesa ho mosso i primi passi nella musica quasi 20 anni fa, entrando nella corale. Su quell’organo, un Tamburini a 3 tastiere, ho messo le mani (ed i piedi) per la prima volta grazie alla disponibilità dell’ex organista titolare. Su quell’organo, ripensato completamente da quello che sarebbe diventato il mio insegnante “clandestino”, mi feci sentire da lui per la prima volta, nonostante fossi fasciata e dolorante per una caduta in bici la mattina stessa. Quei banchi sono stati testimoni silenziosi di anni di preghiere, crisi, meditazioni e speranze, non solo per quanto riguardava la mia vita musicale, ma anche per quella scolastica e sentimentale. Il programma, poi, mi è sembrato una rappresentazione dei miei trent'anni passati: Bach con gusto italiano come la mia vita in Italia ma con lo sguardo rivolto alla Germania, il breve brano di Mozart come i miei leggeri ma istruttivi 3 anni a Vienna, infine Franck (di origine belga) come il mio inizialmente triste impatto in Belgio e successivo cambio di prospettiva. Il fatto che il corale del bis fosse lo stesso inviato con gli auguri di Pasqua via mail (onorata dal fatto di aver “ispirato” l’idea) ha rafforzato la mia personalissima interpretazione. Ho rivisto tutto con gli occhi di adesso. Qualcosa è immutato, qualcosa nuovo, ma io sono diversa.


Torno, invece, a parlar di musica, tralasciamo il coinvolgimento emotivo e l'interpretazione romantica. Non sono stata delusa, sebbene il programma fosse abbastanza a misura di turista tedesco di passaggio, quindi includendo brani mediamente celebri per persone appassionate del genere. Bach limpido come raramente si ascolta ma allo stesso tempo “orchestrato” in modo magnifico, Mozart meditativo, Franck sinfonico, complesso, grandioso. Nonostante un trascurabilissimo vuoto di memoria nel Final, notato solo da chi conosceva il brano e comunque recuperato all'istante, l’intero concerto ha mostrato una maturità ed un controllo sia della tecnica sia dell’interpretazione davvero rari, specialmente in Italia. Qualcuno potrà obiettare che il mio giudizio sia di parte, visto che si trattava di un mio insegnante e di una chiesa nota. Non credo, la mia onestà intellettuale m’impedirebbe di dir bene di una cosa che non mia abbia pienamente soddisfatto. Sono estremamente intransigente, anche con me stessa. Se il concerto non mi fosse piaciuto, avrei semplicemente evitato di parlarne.

Mendelssohn passò anche dal Belgio?

Nel giorno della visita del presidente degli Stati Uniti a Bruxelles, proprio nello stesso locale ove ha tenuto un importante discorso in mondovisione, la sottoscritta è andata ad assistere ad un concerto di musica classica, grazie al generoso invito di un'amica. Parliamo del Bozar, il prestigioso centro culturale-artistico della città, e di un concerto della serie organizzata quest'anno per il decennale del Klara Festival.

Il programma di sala:
La Deutsche Kammerphilharmonie Bremen diretta da Ivor Bolton, con al pianoforte Nelson Goerner ed al violino Linus Roth, che ha sostituito il previsto Lorenzo Gatto, belga giunto secondo al Premio Regina Elisabetta del 2009, hanno eseguito musiche di Felix Mendelssohn, in particolare
- la Sinfonia n. 2 op. 52a "Lobgesang", solo la parte strumentale (1840);
- il Concerto per violino piano ed archi, opera giovanile, del 1823;
- la Sinfonia n. 5 op. 107 "Reformation" (1832).

La sala Henry Le Boeuf del Bozar, foto non mia.
È stata la mia prima volta al Bozar. Sala carina, Horta era un genio della sua epoca, nonostante non si possa minimamente confrontare con Musikverein o Konzerthaus di Vienna, la filarmonia di Monaco e Berlino, il Gewandhaus di Lipsia, la Royal Albert Hall di Londra e l'elenco sarebbe ancora lungo. Non infieriamo! L'organo, almeno, c'è, anche se sembra non venga suonato dal 1967 ed è attualmente in restauro.

mai avuto un posto così privilegiato!
Il concerto è stato piacevole, purtroppo un po' penalizzato dall'inizio con quasi un'ora di ritardo causa discorso di Mr. Obama giusto prima del concerto. L'orchestra ha mostrato notevole coesione, buona preparazione tecnica e dinamismo romantico, perfetto per Mendelssohn. Tutte le sezioni si sono distinte. I solisti all'altezza della situazione, anche se sinceramente non ho particolarmente apprezzato il concerto per violino, pianoforte ed orchestra, perché ancora troppo classicheggiante per i miei gusti. Il vibrato portato all'esasperazione dal bravo violinista non ha contribuito positivamente al giudizio sul brano. Il direttore ha evidentemente fatto un buon lavoro sullo spartito, ma non riuscivo a seguire il suo gesto. Onestamente, se avessi fatto parte della compagine, mi sarei sentita un po' persa. In alcuni momenti sembrava che fosse il primo violino a condurre, stabilendo un contatto visivo con gli altri orchestrali ed esagerando la gestualità. Primo violino di cui non sono riuscita a risalire al nome, non essendo citata (apparentemente una ragazza alquanto giovane) nel sito dell'orchestra come "Konzertmeisterin". Sono bastate le prime note di "Ein feste Burg" per ritrovare l'unità, almeno del mio spirito con la musica che stavo ascoltando. 

Al di là del mio discutibile giudizio musicale, la serata è stata un evento esclusivo, in cui mi sono infiltrata grazie all'invio di un'amica. Non solo per il lussuoso aperitivo che ha preceduto il concerto, ma soprattutto per il posto privilegiato nella sala, da cui potevo godere un'ottima visuale sul palco. Credo che una simile fortuna non si possa ripetere, ma sicuramente il Bozar merita un'altra visita prossimamente, anche se dalla "piccionaia" che proprio economica non è (e mi fermo qui per non riattaccare con il disco "ah, quant'era perfetta Vienna!").