L'ottantenne ed il bicentenario

Contrariamente alla tradizione, scrivo questo post a caldo, appena rientrata da un concerto intitolato "Franz Liszt e l'arte della trascrizione", che ha visto l'ottantunenne Jean Guillou tornare a Vienna per confrontarsi con Franz Liszt nel bicentenario dalla nascita. Il concerto si è svolto sul bell'organo Mathis di Schottenstift, organizzato da Zuzana Ferjencikova, ex allieva di Guillou ed organista titolare in questa chiesa. Come tradizione, il concerto è stato preceduto dal canto di Compieta da parte dei monaci, particolarmente soli visto che non hanno distribuito i libretti alla gente...

l'organo principale della ditta svizzera Mathis
Il programma comprendeva: Ciaccona BWV1004 Bach-Busoni al pianoforte, poema sinfonico "Orpheus" di Liszt, trascritto per organo da Guillou, Colloquio II per pianoforte ed organo di Guillou (con la Ferjencikova all'organo), poema sinfonico "Prometheus" di Liszt trascritto per organo da Guillou ed una improvvisazione dello stesso su uno dei temi della Deutsche Messe di Schubert. Al termine un bis all'organo corale (un "piccolo" Mathis), altra trascrizione da Liszt, credo da un brano pianistico.

All'inizio il concerto mi ha deluso parecchio, Jean Guillou sembrava l'ombra di se stesso, tanto da pensare che a questa bella età potrebbe ritirarsi all'insegnamento e godersi i successi di una vita, lasciando l'attività concertistica ai suoi promettenti allievi. Non ho compreso la scelta del brano Bach-Busoni, perché non una trascrizione di Liszt di alcuni celebri brani bachiani per organo? E soprattutto, c'era il bisogno di questo intervento pianistico, con un Bösendorfer trasportato in cantoria per l'occasione? Il risultato è stato triste, a mio parere, forse il maestro non stava bene, non posso saperlo, si sentiva che non era in forma e che non era il suo strumento. Durante il concerto, in seguito, si è ripreso, fino al Prometheus, ove ho ritrovato il Guillou che ricordavo: tecnica sopraffina, agilità straordinaria, originalità nell'interpretazione, etc. Forse doveva solo scaldarsi e ritrovarsi con uno strumento familiare.
l'organo corale, sempre Mathis

Resta il fatto che non ho sentito la trasfigurazione delle note che ricordo, con profonda nostalgia, in un concerto interamente dedicato a Liszt, con il classico repertorio organistico, del mio ex-maestro Francesco Finotti. Fu un concerto sublime, dove il suo principio della "tecnica come mezzo e non come fine" ha trasformato dei brani generalmente usati per esibire abilità acrobatiche (oltre che il numero di registri) in un'esperienza mistica. Una cosa simile avvenne al concerto di Olivier Latry con l'intero Livre du Saint Sacrement di Messiaen ad Haarlem. Concerti così ne ho sentiti pochi, troppo pochi! Eppure sarebbe questa la strada da seguire, a mio parere, non il declino di un anziano rivoluzionario ed eclettico organista francese, seppur ancora in grado di stupire.

Magnificat anima mea Dominum

Stasera ho ascoltato un bel concerto: nella Brigittakirche il Vokalensemble Oktogon ed un gruppo strumentale dell'Università della Musica, diretti da Wolfgang Reisinger, direttore del Conservatorio Diocesano, hanno eseguito: Ave maris stella di C. Monteverdi (dai Vespri), Ave Maria di J.G. Rheinberger (versione corale), Salve Regina di F. Mendelssohn Bartholdy e… il Magnificat BWV 243 di J.S. Bach.
il M.o Dr. W. Reisinger, foto da qui
È stato un bel concerto sia per il programma, che comprendeva uno dei miei pezzi preferiti di Bach e composizioni di autori che mi piacciono particolarmente per vari motivi, sia per l'interpretazione. L'esecuzione non è stata perfetta, al contrario con un sapore molto casalingo, non curata nei dettagli e sicuramente né con strumenti originali né con cantanti solisti professionisti, pur se molto bravi. L'interpretazione, però, è stata sentita, con un sentimento religioso che i grandi interpreti sembrano aver perso, magari i tempi erano dilatati, ma niente era fine a se stesso o solo per esibire tecnica… come invece ho avuto modo di sentire al Musikverein, in concerti a pagamento. Idem per il direttore, semplice nel gesto, umile nell'atteggiamento, ma con polso ed il peso della cultura. Bravi! Un gruppo da ascoltare ancora!

Sul nome B.A.C.H - contrappunti con l'Arte della fuga

Titolo di un recentissimo film-documentario su J.S.Bach, che ha anche il sottotitolo: un viaggio da Eisenbach a Lubecca sulle tracce di Bach dentro una delle opere musicali più emblematiche e assolute. Regia di Francesco Leprino, con  Sandro Boccardi  ad interpretare fisicamente Bach, mentre la voce sarà di Bruno Ganz. Vi parteciperanno parecchi artisti noti, come Sonia Bergamasco, Arnoldo Foà, Stefano Bollani, Ton Koopman, Douglas Hofstadter, Quirino Principe, Alberto Basso, etc. Insomma, un miscuglio di personaggi celebri, da seri musicologi ad attori e poeti, da abili jazzisti ad idolatrati filologi. 

Il link mi è stato dato da un amico musicista. La proiezione sarà limitata a poche serate a Milano, prima di uscire in dvd. Sicuramente sarebbe interessante vederlo, ma non farò le corse per acquistare il dvd. Vi trovo alcune incongruenze. Come sarebbe a dire da Eisenach a Lubecca? Se fanno riferimento al viaggio di Bach per sentire Buxtehude ci perdiamo 3/4 di vita compositiva del grande maestro ed almeno metà di quella umana, entrambe terminate a Lipsia. Forse al qualcuno da Eisenach a Lipsia pareva un viaggio troppo corto, grazie a google maps ed ai moderni e veloci mezzi di trasporto. Se questo qualcuno amava i viaggi poteva scegliere Händel: da Halle a Londra, o uno dei tanti compositori italiani dell'epoca emigrati in Germania, Austria, Francia e persino Russia!
Fuga incompleta dall'Arte della Fuga, manoscritto (da Wikipedia)
Contrappunti con l'Arte della fuga. Un lavoro che già di per sé analizza tutte le possibili combinazioni contrappuntistiche (benché incompiuta), come si fa a contrappuntare con l'apoteosi del contrappunto? Magari qualche filologo avrà mostrato la sua conoscenza dello stile bachiano completando quell'ultima fuga tripla…

Infine, non sentivo la necessità di un ennesimo film-documentario sulla vita di J.S. Bach quando ben due film sullo stesso o sulle sue opere non sono mai giunti in Italia. Forse certe cose è meglio lasciarle in mano ai tedeschi, mentre noi italiani potremmo dedicarci a far conoscere i nostri compositori del passato, che hanno esportato in tutta Europa lo stile italiano e che hanno richiamato grandi nomi dall'estero per imparare la nostra arte.   

Palmsonntag

Per la Domenica delle Palme 2011 si ritorna nella Lutherische Stadtkirche per il culmine delle celebrazioni della Bachwoche con l'esecuzione della Cantata "Himmelskönig sei willkommen" BWV 182 di J. S. Bach, ovviamente durante la celebrazione. Questa volta partecipando attivamente all'evento, nel coro.

Cantata molto bella ma di certo non facile, specialmente per un coro non professionista come siamo noi, ma grazie ad alcune aggiunte ed al carisma della nostra direttrice, Erzsébet Windhager-Geréd, il risultato non è stato poi così male. La novità per noi è stata cantare sull'altare, a vista dei fedeli, e non in cantoria, come al solito e come anche la filologia (e forse pure la teologia protestante) suggerirebbe. Non c'era, almeno da parte mia, l'emozione di cantare frontalmente al "pubblico", ma la difficoltà di sentire le altre voci, a causa dell'infelice acustica. Personalmente, vuoi per la sezione soprani raddoppiata (da due a quattro), vuoi per la vicinanza con una bravissima aggiunta, non mi sono sentita "bloccata" come al solito.

L'organico strumentale era il minimo possibile, probabilmente il più vicino alla versione originale, con flauto dolce, violino, due viole, violoncello ed organo positivo. Purtroppo non ho i nomi degli strumentisti. Lodevole la flautista nonostante qualche incertezza nell'aria del contralto, il violinista troppo presente e con seri problemi a mantenere il ritmo puntato, le due viole nella media, violoncellista molto espressivo anche se spesso non seguiva del tutto la direttrice, continuista forse troppo discreto ma puntualissimo. I cantanti solisti erano il basso Ernst Istler, attivo nel coro e Kurator della comunità, che è sempre una certezza in Bach, il tenore Stephan Su, aggiunto anche al coro, che purtroppo era affetto da potente raffreddore, ed il contralto Katrin Auzinger, semplicemente perfetta, per questo le è concesso pure l'atteggiamento da prima donna.

Nonostante la gente non avesse capito quando era terminata la cantata... e pure la celebrazione, finché la pastora non l'ha detto al microfono, spero che il gruppo sia riuscito a trasmettere la teologia di questa cantata, nel testo e nella musica, alla comunità dei fedeli. Le offerte erano proprio per la musica nella liturgia ed occasioni simili sono rare e preziose. Sarebbe un peccato perderle!



Musikverein e la filologia a metà

Martedì 5 aprile sono tornata al Musikverein assieme ad alcuni amici, tra cui un vero esperto di musica antica, per ascoltare un concerto che dal programma mi sembrava assolutamente imperdibile ed entusiasmante:
- J.S. Bach: Ouvertüre/Suite Nr. 4 in re maggiore BWV 1069
- J.S. Bach: Kantate "Geist und Seele wird verwirret" BWV 35
- G.F. Händel: Konzert für Orgel und Orchester op. 7/1
- J.S. Bach: Kantate "Wir danken dir Gott, wir danken dir" BWV 29
con L. Lohmann all'organo e M. Haselböck alla direzione della Wiener Akademie, dei Wiener Sängerknaben e del Chorus Viennensis.
La Wiener Akademie garantiva strumenti originali, la presenza di un coro di voci bianche confermava l'impressione di voglia di "esecuzione storica", quindi davo per scontato che Lohmann avrebbe suonato o con un triste positivo o dalla cantoria, utilizzando la trazione meccanica del nuovo organo... invece... invece hanno usato la consolle con trasmissione radio (credo). Non è stato solo per il tipo di consolle usata, ma soprattutto per il suono finto e privo di nerbo dello strumento (vedi post precedente) che la prospettata filologia (in cui non credo particolarmente) è andata a farsi friggere. Resta il dubbio sollevato dal mio amico, come abbiano fatto a suonare assieme strumenti intonati a 415 ed un organo moderno presumibilmente a 440 per suonare con l'orchestra sinfonica. Temo abbiano usato un traspositore digitale.
Sarà stato per l'inevitabile ritardo di trasmissione, sarà stato per la difficoltà di suonare certo repertorio con una "meccanica" troppo leggera, sarà stato per la quantità di note da suonare, l'esecuzione di Lohmann non è stata ineccepibile. L'interpretazione, invece, è risultata piuttosto buona, a mio parere, pur se non interessante come la volta precedente.
La vera delusione è stato M. Haselböck. Un vero spettacolo. Dirigeva senza bacchetta e senza spartito, ma anche senza dare una particolare direzione ai brani, che risultavano scolasticamente letti. Ha mostrato un'infinita autostima, resa più evidente dal suo ruolo di direttore, confermando la già non bellissima impressione. L'orchestra ha annoverato qualche sbavatura, il clavicembalista (giovane promettente organista cui girai le pagine ad un concerto in Italia forse 12 anni fa) degno di lode ma peccato non si sia sentito molto, il coro delle difficoltà ritmiche, sui solisti nemmeno mi pronuncio.

In conclusione, mi ha fatto piacere ascoltare musica che adoro, soprattutto in compagnia di cari amici, ma se avessi comprato un biglietto costoso per questo evento mi sarei pentita di aver speso in tal modo i miei soldi. L'accurato acquisto di un CD con i medesimi brani avrebbe più valore artistico. Ovviamente a mio modesto parere.

Benedetto organo!

Sabato 26 marzo ho partecipato all'inaugurazione del nuovo organo della sala grande (o sala d'oro) del Musikverein a Vienna. Un grande evento che ha richiamato personalità politiche, ecclesiastiche e musicali (ben 5 organisti!) del Vecchio Mondo. La serata è stata aperta da un ensamble di ottoni e percussioni che ha è eseguito un brano di tale Schmidt, poi discorsi delle autorità, benedizione dello strumento, non senza un piccolo incidente "diplomatico", e finalmente musica, intervallata ad altri discorsi più o meno tecnici sull'impresa, per un totale di 3 ore. Passate in piedi, a volte in punta di piedi, cercando di vedere qualcosa, visto che avevo un biglietto economico "Stehplatz", ma piacevolmente grazie alla compagnia di alcuni amici musicisti.

Le esibizioni musicali: Peter Planyavsky ha suonato una sua improvvisazione, non ho riconosciuto il tema e sinceramente non mi ha colpito particolarmente, era quasi liturgica, Ludger Lohmann la Toccata, Adagio e Fuga di J.S. Bach BWV 564, con un interessante ed accorto uso del legato e staccato, entrambi hanno suonato dalla consolle meccanica, gli organisti successivi hanno invece usato la consolle digitale con trasmissione radio (credo), posizionata in mezzo al palco.  A seguire, Martin Haselböck con il Preludio e Fuga su B.A.C.H. di F. Liszt, a mio parere non in modo degno di nota, Dame Gillian Weir che ha stupito con due brani di O. Messiaen, uno dall'Ascension ed il celebre Dieu parmi nous da La Nativité, e pure per lo scintillante vestito, infine Olivier Latry con il Preludio e Fuga in si b di A.P.F. Boëly, un ispirato il primo tempo dalla V Sinfonia di C. Widor e la celebre Toccata finale dalla medesima sinfonia come bis richiesto a furor di popolo.
Critica alla manifestazione. Ci stava tutto tranne la benedizione, perché benedire un organo in una sala da concerti? La risposta, perché siamo in Austria, terra cattolica nell'animo. La minestra allungata anche da una retorica preghiera dei fedeli sulla musica. Per il resto, a mio parere, sarebbe stato interessante un video di spiegazioni sulle modifiche costruttive apportate, piuttosto che tante chiacchiere di retorica. Sorprendete la ripresa audio e video: sarà stato un caso ma durante l'esecuzione dell'unica donna (o forse a causa della modernità di Messiaen) la telecamera, che era posizionata ad un metro dal mio posto, si è concentrata sulle facce degli spettatori e poi... ha cambiato videocassetta, perdendo una parte del concerto. Le riprese sono infine terminate prima del secondo brano suonato da Latry, evidentemente i tecnici erano pagati a tempo e da rigidi austriaci non sono rimasti nemmeno 2 minuti più del dovuto.

Critica musicale
. Non mi posso permettere di dire nulla. Tanto di cappello a tutti quanti, tecnica da vendere. Mi hanno personalmente colpito ed interessato particolarmente le esecuzioni di Lohmann, la Weir e Latry. Avevo già avuto modo di apprezzare Latry ad Haarlem, però non mi è sembrato politicamente corretto che sia stato l'unico a concedere un bis e che abbia scelto un brano così scontato. Interessante che mi abbiano colpito i tre organisti venuti dall'estero, mentre i due che lavorano ed insegnano a Vienna non hanno suscitato il mio interesse.
Giudizio sull'organo. L'organo originale, che aveva già subito varie modifiche ed era stato elettrificato da Walcker, l'anno prossimo avrebbe festeggiato 150 anni (che curioso, ha iniziato a suonare un anno dopo che noi ci siamo riunificati in una nazione). Il lavoro di restauro ed estensione è stato fatto dalla ditta Rieger (Walcker, Rieger,... come dire da noi Tamburini e Mascioni), ma non ho alcuna informazione tecnica, dato che della presentazione ho capito poco e non ho preso il libro-programma (a pagamento, come tutto, anche il guardaroba!). La strabiliante acustica della sala non valorizza lo strumento, che comunque in generale mi è sembrato privo di carattere e pure con qualche (pochi, in verità) problema d'intonazione e vibrazioni indesiderate. Nemmeno particolarmente potente, per avere 86 registri distribuiti su 4 manuali e pedale. Domenica ho avuto modo per caso di riascoltare l'organo della Jesuitenkirche, uno strumento della Späth che non ha ancora 10 anni, con solo 41 registri, e mi è sembrato una voce divina, dalla dolcezza angelica alla potenza "temporalesca". 

Insomma, in un tempio della musica coma il Musikverein mi sarei aspettata qualcosa di più per la "regina degli strumenti"!

214° Compleanno di Franz Schubert


In occasione del 214° compleanno di Franz Schubert, nella sua chiesa (parrocchia Lichtental,ma più famosa come Schubertkirche) è stata eseguita la Deutsche Messe D872 dello stesso, nella versione originale per coro a 4 voci, fiati (2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni ed ottoni vari) ed organo. Coro ed orchestra della Schubertkirche diretti da F. Lessky.

La messa è molto famosa e per la sua semplicità è considerata popolare, tanto da rientrare nel libretto dei canti della chiesa cattolica in Austria ed in Germania meridionale. Un brano, il Santo, è noto anche in Italia con un testo differente. Con la suddetta orchestrazione l'intera messa suona quanto mai austro-ungarica ed imperiale, specialmente l'inno iniziale vagamente patriottico, aspetto cui contribuisce il testo poetico (rigorosamente in tedesco) di Johann Philipp Neumann, un fisico che si dilettava di poesia. Il testo è stato motivo di un certo ritardo nell'esecuzione a suo tempo, in attesa dell'approvazione ecclesiastica.


In contemporanea avrei potuto ascoltare la medesima messa nella cappella dell'università della musica, ma ho preferito questa per due motivi: (i) ero nella "sua" chiesa, (ii) potevo percepire maggiormente il carattere "popolare" di questa musica. Esecuzione non impeccabile ma proprio per questo piacevolmente "devota".