Non sapevo che l'inventore del sassofono fosse belga, l'ho appreso solo ieri, partecipando ai "midis musicaux" (mezzogiorni musicali) organizzati dal Conservatorio Reale Belga presso l'università francofona della città ULB. Un'oretta di concerto tra le 12:30 e le 13:30 in un auditorium del campus Solbosch a Bruxelles che si ripete più o meno una volta al mese.
Il programma prevedeva trascrizioni e composizioni per ensemble di sassofoni: variazioni su una passacaglia di Händel di Johan Halvorsen (sax sovrano e baritono), una selezione dalle Variazioni Goldberg di Johann Sebastian Bach (sax soprano, alto e baritono), tre Gnossiennes di Erik Satie (quartetto di sax), il quartetto per sassofoni di Joseph Jongen, infine un tango di Astor Piazzolla come bis. Gli interpreti erano Paul-Hugo Chartier (sax soprano), Gema Fernandez Arevalo (sax alto) ed Erik Demaseure (sax tenore) sotto la guida di Jeremie David (trascrizioni e sax baritono).
Il concerto è stato una piacevole sorpresa. Non avevo idea delle potenzialità del sassofono, strumento davvero malleabile, con delle possibilità espressive pressoché sconosciute ai legni. I ragazzi sono stati bravi, sia nella scelta del repertorio (l'idea di usare uno strumento "moderno" come il sassofono per il barocco è interessante e da ripetere) sia nella resa in concerto, nonostante qualche perdonabile svista dei più giovani. Jeremie David mi è sembrato il più maturo nell'interpretazione, sfruttando uno strumento difficile da gestire come il sassofono baritono dal lirismo del romanticismo alla ritmicità del tango. Ottima idea per avvicinare alla musica giovani ed adulti dell'università. Ogni giorno scopro colleghi che suonano uno strumento nel tempo libero, più o meno professionalmente, a conferma del fatto che scienza e musica possono convivere benissimo. Il prossimo concerto prevede tutte le declinazioni del contrabbasso, peccato non poterci andare causa precedenti impegni.
Ammettiamolo, mi sono fatta un bel regalo. Quando ho saputo che il mio ex-maestro d'organo, Francesco Finotti, avrebbe tenuto un concerto a Ratingen, una cittadina tedesca a pochi km da Düsseldorf e quindi non troppo distante dal Belgio, non ho esitato un minuto a prenotare un treno ed un albergo per andare a sentirlo. Non solo per il piacere di assistere nuovamente ad un suo concerto, ma anche per l'occasione di scappare da Bxl per un giorno e tornare a cimentarmi con la lingua tedesca in una zona in cui in realtà non sono mai stata. Il racconto del viaggio e della parte turistica di questa domenica alternativa si trova nell'altro blog, in inglese, mentre qui mi concentro sull'esperienza musicale.
Il concerto, dunque, si è tenuto domenica sera a Ratingen, nella chiesa dei SS. Pietro e Paolo su un organo Romanus Seifert & Sohn. Il concerto aveva come tema l'incontro, ossia una sorta di stretta di mano tra il pianoforte e l'organo. Il corposo programma, leggermente accorciato all'ultimo momento, prevedeva: A. Bruckner (Preludium in do maggiore), J.S. Bach (Preludium in mib magg. BWV552a, preludio corale "Christ, unser Herr, zum Jordan kam" BWV 684, Fuga a 5 in mib magg. BWV552b), C. Franck (Fantasia idylle in la magg.), W.A. Mozart (Adagio in si min. KV 540) e S. Rachmaninoff (trascrizione del Preludio in do# min. op. 3 n. 2, Preludio in re min. op. 23 n. 3, Studio op. 33 n. 1 "Allegro ma non troppo" e Studio op. 33 n. 5 "Moderato"). Bis con Rachmaninoff, Bach (Echo dalla partita in si min. BWV831, che cito perché adoro questa versione) e Vivaldi-Bach.
L'interpretazione di Bach è stata una lectio magistralis sulle composizioni analizzate. Magnifico! Chi conosce la musica, apprezza Bach anche suonato da un computer, ma chi non sa cosa sia il contrappunto rischia di trovarlo noioso, eccetto per quei quattro brani celebri, triti e ritriti. In questa esecuzione ogni entrata, ogni cadenza, ogni modulazione era chiaramente illustrata. Immagino che i prassisti storceranno il naso dicendo che quello sentito non era nemmeno più Bach, ma a mio parere era oltre, come dire che quello di Benigni non è nemmeno più Dante. Capisco ed ammiro la loro dedizione nel tentare di ricostruire come veniva eseguito un tal compositore nella sua epoca, ma se sentissimo la Divina Commedia recitata ad un angolo della strada come nel '300, non essendo più nemmeno usi a quel linguaggio, probabilmente non ne capiremmo nulla e non apprezzeremmo la finezza delle figure retoriche. Come nella ricerca scientifica, ci vuole un talento particolare per saper comunicare il risultato di complessi studi alla gente comune senza far inorridire gli scienziati. Saper spiegare un compositore semplicemente suonandolo, senza aprire bocca, è qualcosa in più del saper insegnare come suonare quel brano. Credo che Bach suonato così, anche se forse non conforme a come Bach stesso sentiva (e chi può saperlo?), sia l'arrivo di un percorso lungo quattro secoli di sentire la musica.
Pure il resto del programma è stato una conferma: la fantasia di Franck un poema sinfonico, il preludio di Bruckner una visione mistica, l'adagio di Mozart uno scherzo dilettevole ed i lavori di Rachmaninoff un interessante studio di armonia. In conclusione il concerto mi è piaciuto molto, nonostante uno strumento non eccezionale ed uno stato di salute non ottimale dell'interprete.
Ho avuto modo di sentire l'organista titolare della parrocchia durante la messa. Benché invidiabilmente abile all'organo, l'ho trovato figlio della tradizione tedesca, come se ne trova in ogni parrocchia (già, perché lì assumono organisti qualificati anche solo per le messe). Attenzione, ho detto tradizione tedesca. Una cosa sconosciuta in Italia. Motivo per cui i corali (canti in cui intervengono i fedeli) erano introdotti con estesi preludi improvvisati in diversi stili e poi accompagnati anche con misture e trombe, perché pure la gente da quelle parti è educata e canta come si deve. Una mia impressione, forse le persone che hanno assistito al concerto erano talmente preparate musicalmente da aspettarsi un'esecuzione "tradizionale" dei brani in programma. Forse hanno attribuito questa interpretazione ad un'eccentricità italiana, in qualche modo suggerita dall'organista che nella presentazione ha sottolineato la pedaliera italiana di questo strumento (eh? io conoscevo solo quella francese, tedesca ed inglese... per me "italiana" significa assente o a leggio...). Alla fine credo abbiano apprezzato e probabilmente compreso qualcosa di più di brani più o meno noti. Beati loro! Ne avranno di occasioni per farsi un'idea sull'argomento, visto che questo concerto rientrava nell'Internationales Düsseldorfer Orgelfestival, con iniziative alquanto interessanti. Date un'occhiata al programma. Mica un concerto isolato in una parrocchietta di periferia. Quando una cosa simile in Italia (o in Belgio)?